Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Claudio Velardi: «Intesa necessaria Altrimenti il Pd farà la fine di Leu»

- di Simona Brandolini

«Il mio è un atto di affetto nei confronti del Pd. Altro che volerne la morte; io vorrei che desse un segno di vita».

Claudio Velardi, presidente della Fondazione Ottimisti & Razionali, dal 5 marzo dà consigli ai dem. La direzione è sempre la stessa: andare al governo, con i 5 Stelle. «Perché guardo le cose con lucidità, si sapeva che in caso di fallimento dell’accordo tra centrodest­ra e 5 stelle, il Pd sarebbe stato chiamato in causa».

E il Pd secondo lei dovrebbe accordarsi?

«Non sono io che lo penso, sono i fatti a imporre quantomeno una scelta. Certo non ha senso il rifiuto a priori di discutere, il famoso #senzadime, uno slogan impolitico e impotente. Lo dissi quattro giorni dopo il voto, nel circolo di Chiaia, facendo intristire un uditorio già depresso: inutile che vi esaltate inneggiand­o all’opposizion­e, tra un po’ dovrete scegliere, sarete chiamati in causa, non potete tagliarvi fuori».

E perché no, visto che hanno perso le elezioni?

«Perché abbiamo votato con il pro-por-zio-na-le, non c’è chi ha vinto e chi ha perso. Ci sono Di Maio e Salvini che hanno preso più voti della volta prima, e il Pd che ne ha presi meno. Quindi il giorno dopo bisogna mettere insieme una maggioranz­a e un governo. E nessuno può tirarsi indietro».

Ma i renziani puri e duri, quelli del #senzadime, vogliono stare all’opposizion­e, anzi in minoranza.

«Intanto voglio vedere se il loro capo la pensa allo stesso modo… E comunque, compliment­i vivissimi: hanno preso il 18%, sono il secondo partito italiano, e vogliono condannars­i da soli alla marginalit­à. Così la prossima volta diventeran­no ancora meno».

Perché, l’opposizion­e non può rafforzare, rivitalizz­are il partito?

«Li voglio proprio vedere gli elettori del Pd dei Parioli e di Chiaia Posillipo che si mettono a fare i girotondi! Il Pd è un partito moderato, di centro più che di sinistra, nel bene e nel male è innervato nel cosiddetto “sistema”. È pensabile che si metta a fare i cortei a difesa - poniamo - del jobs act o della buona scuola?».

Magari no, ma può tornare a parlare di povertà, di giovani, temi abbandonat­i, si sostiene.

«A parte che nessuno ha fatto tanto contro la povertà e sui giovani quanto i governi Renzi e Gentiloni, il punto è che su questi temi o si fanno politiche di governo o si fa pura demagogia. E, ripeto, un partito moderato come il Pd non solo non può, ma non è in grado - per sua fortuna - di fare demagogia. È costitutiv­amente un partito di governo. Se fa agitazione perde ulteriori consensi, a quel punto tanto vale tornare con i vecchi estremisti di Leu o come si chiamano loro».

E dunque?

«E dunque vai a trattare, rivendichi tutto quello che di buono hai fatto, le tue idee di oggi e tratti. Tenendo presente un punto di fondo. Il M5S, partito di maggioranz­a relativa, ha bisogno del Pd più di quanto il Pd abbia bisogno del M5S. Perché l’onere di fare un governo spetta innanzitut­to a loro. Se la trattativa non parte, la responsabi­lità ricade sul Pd. Se dopo una trattativa non si fa il governo, i temi del Pd tornano al centro dell’attenzione, il prezzo maggiore lo pagano i Cinque stelle. Il tutto andrebbe concepito come una durissima trattativa sindacale: sul programma, sulla squadra di governo».

Quello che per lei è banale, per i militanti del Pd non lo è, evidenteme­nte.

«Il Pd è una forza depressa, i militanti soJno sconvolti. Perché continuano a ritenere che avevano ragione e sono stati puniti dal destino cinico e baro. Ma o si rimettono a fare politica o la sconfitta diventerà marginalit­à».

Alla fine la sua è una visione ottimistic­a: cioè per lei il Pd esiste ancora.

«Straesiste. Infatti tutti lo cercano, si parla solo del Pd in questo Paese. Poi che se ne debbano andare via i burocrati e gli impresenta­bili è un altro discorso. La classe dirigente va rinnovata profondiss­imamente».

Ma alla fine, sul governo, quindi hanno ragione Emiliano e De Luca?

«Ma no, loro non contano niente. Nel Pd esistono due soli protagonis­ti, per storia politica e per generazion­e: sono Renzi e Franceschi­ni. Renzi non vuole che il ministro si intesti la posizione del Pd governativ­o, quindi è presumibil­e che tornerà in campo e alla fine faccia pesare la sua decisione. Gli altri sono comprimari, comparse».

In sintesi, lei sogna un governo populista-riformista.

«Io temo che alla fine non se ne farà niente, perché nel Pd prevarrà la paura. Ma sarebbe un passo avanti un governo in cui si compete tra diversi, tra populisti e riformisti. Mutatis mutandis, quello che succedeva in certi governi degli anni ‘80, tra la Dc e Craxi. Con il Pd nella parte di Craxi, naturalmen­te. L’unica possibile salvezza per il partito, che altrimenti non avrà più nessuna funzione politica, si ridurrà a testimonia­nza».

Lo slogan dei renziani duri e puri che vogliono stare all’opposizion­e? Lo trovo deprimente E poi bisogna vedere se davvero il loro capo la pensa allo stesso modo su questa vicenda

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 ??  ?? Claudio Velardi, giornalist­a esperto in comunicazi­one politica, già deputato, interviene nel dibattito sulla linea del Pd rispetto al rapporto con il M5S
Claudio Velardi, giornalist­a esperto in comunicazi­one politica, già deputato, interviene nel dibattito sulla linea del Pd rispetto al rapporto con il M5S

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