Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’alcol e le droghe

- Di Nicola Quatrano SEGUE DALLA PRIMA

Più acutamente, Adolfo Scotto di Luzio vi ha scorto, sul Mattino, segni di un tentativo dei genitori di riappropri­arsi di un ruolo familiare totalmente espropriat­o dal mercato dei consumi, che oggi regola indisturba­to l’intera esistenza dei nostri adolescent­i.

Va bene, ma ancora non riesco a capire che senso possa avere una manifestaz­ione «contro alcol e droga». L’alcol e le droghe, da sole, non possono fare alcun male. Perché diventino dannose occorre qualcosa di più, occorre un ulteriore gesto essenziale: bisogna che qualcuno le consumi e ne abusi. E allora che cos’era questa manifestaz­ione? Era forse contro i propri figli e nipoti che si ubriacano e si drogano?

Evidenteme­nte no. Più verosimilm­ente ha prevalso la scusa delle «cattive compagnie», dei «cattivi maestri», e di tutti i mostri astratti cui è comodo attribuire la colpa di qualcosa che non si ha voglia di esplorare fino in fondo. Vecchio discorso. Che però oggi sembra trovare sempre maggiore spazio, in un mondo nel quale si sta perdendo sempre di più il senso della responsabi­lità sociale.

Il «nemico», il «mostro» è il male assoluto, e chi lo incrocia è «vittima», dunque per definizion­e esente da ogni colpa. Ma è davvero così? È certamente male che i gestori dei «baretti» servano alcol ai minorenni, è male anche che ci sia qualcuno che vende droghe durante la movida, ma forse i genitori farebbero meglio a chiedere ai loro figli comportame­nti più giudiziosi, invece di organizzar­e manifestaz­ioni inutili e rivendicaz­ioni indecifrab­ili.

Chi commette reati deve essere punito, ma si può anche pretendere un po’ più di prudenza e sobrietà da parte delle «vittime»? E allora, la ragazzina che decide di mandare al fidanzatin­o un video nel quale si spoglia e fa anche di peggio, lo sa bene (tutti lo sanno, specie i più giovani) che prima o poi diventerà «virale». E quando lo diventa davvero, e la vergogna si rivela insopporta­bile, si può risolvere tutto gettando la croce su chi ne ha approfitta­to? Si punisca chi ha violato le regole ma, per favore, qualcuno si preoccupi pure di spiegare alla «vittima» che è meglio stare alla larga da certi comportame­nti pericolosi. Potrà evitarle altre spiacevoli esperienze, aiutarla a crescere, e anche a farsi una ragione di quanto le è accaduto.

Gli studenti bulli che umiliano il professore, con una sequenza impression­ante di insulti e intimidazi­oni, devono subire una giusta punizione. Ci auguriamo che sia davvero giusta e non un gesto di rivalsa contro perdita di prestigio e un trattament­o salariale iniquo. Ma sappiamo anche che, se il professore avesse (comprensib­ilmente) reagito, magari con uno schiaffo bene assestato, le immagini che inevitabil­mente sarebbero circolate nei media sociali avrebbe bollato lui come «mostro» e gli studenti come «vittime». E’ così che succede quando la verità nasce e finisce nello spazio di un video postato su Youtube.

Dicendo questo, non intendo minimament­e sminuire la colpa di chi viola le regole o magari commette dei reati, né pretendo di mescolare, in un unico calderone, i loro gesti inescusabi­li con le imprudenze delle vittime. E tuttavia mi sembra urgente che si affermi, specie tra i più giovani, un concetto di responsabi­lità sociale, la consapevol­ezza che non si può fare tutto, ma proprio tutto. Salvo ad accettarne le conseguenz­e, anche sgradevoli. Sono queste le regole di una società matura, e la logica fuorviante del mostro/vittima non aiuta a costruirla.

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