Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’ITALIA LITIGA E L’EUROPA TAGLIA IL SUD
La scelta della Commissione europea di tagliare le politiche di coesione era nell’aria. Le misure entreranno in vigore dal 2021, quando l’Inghilterra sarà fuori dall’Unione. Ed è sia conseguenza della perdita del significativo contributo al finanziamento del bilancio comunitario dopo l’uscita della Gran Bretagna. Sia delle nuove altre priorità individuate, prime tra tutte sicurezza e immigrazione. Di qui la decisione di sacrificare le politiche agricole, di cui si avvantaggia soprattutto la Francia, e quelle a favore delle aree deboli, finora appannaggio dei Mezzogiorni d’Europa, a partire dal nostro Sud, e dei Paesi dell’Est ex comunista. Il verdetto finale lo esprimeranno i Capi di Stato e di Governo della Ue a 27. E si può essere certi che, mentre in Italia si litiga per dar vita a un governo nella pienezza dei suoi poteri, i nostri partners europei già sono al lavoro per difendere con tenacia i legittimi interessi nazionali. Sette miliardi in meno in un settennio per il meridione, uno l’anno, non sono certo bruscolini. E giustamente scatenano la reazione indignata di quanti, in prima fila il governatore Vincenzo De Luca, temono un taglio di risorse per la sola Campania nell’ordine dei 370 milioni. Ma, al di là della contingenza, il nodo vero col quale fare i conti è un altro: il campanello d’allarme suonato a Bruxelles dovrebbe mettere in guardia il Governo italiano che verrà su un tema accantonato negli ultimi dieci anni, l’inarrestabile e brusco calo degli investimenti pubblici a fronte di una spesa corrente spesso improduttiva che non si taglia per non perdere consensi.
La spesa in conto capitale ha toccato il livello più basso nel Mezzogiorno, dove rappresenta ormai appena lo 0,8% del Pil, quasi 3 miliardi in meno. Ci siamo per troppo tempo illusi che i fondi europei fossero la panacea di tutti i mali, sottovalutando la centralità degli investimenti ordinari dello Stato, che sono, invece, mancati all’appuntamento decisivo con lo sviluppo del Sud: di qui la sostitutività delle risorse europee per la coesione, che avrebbero dovuto, invece, essere aggiuntive.
In queste ore si discute molto se il taglio sarà del 5% o del 12%, comunque meno del 30% ipotizzato in un primo momento, finendo per perdere di vista il problema vero: le politiche regionali europee agiscono in una cornice economica che crea rilevanti asimmetrie perfino all’interno delle aree periferiche della Ue. A tutto vantaggio di quelle appartenenti a paesi con sistemi fiscali più leggeri o che sono in grado di utilizzare come strumento competitivo la leva del cambio delle rispettive monete nazionali rispetto all’euro. Grazie a questa concorrenza sleale non si è arrestato il processo di crescita di quasi tutte le economie dell’Est, mentre il Sud, e l’intera Italia pagano il prezzo più elevato sull’altare delle politiche di austerità e del rispetto del Fiscal Compact. Le persistenti fughe di aziende che si vanno a insediare nei paesi ex comunisti, dove i soldi della politiche di coesione sono utilizzati per abbattere il costo del lavoro, sono lì a testimoniarlo.