Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LA GLORIETTE, AVEVAMO RAGIONE NOI
Avevamo ragione noi sul «caso La Gloriette». E ci dispiace. Perché se i fatti fossero andati nel verso illustrato da Luigi de Magistris — ossia, abbiamo scelto i più meritevoli in base a una griglia ben definita — avremmo potuto ancora sperare di vivere in una città che non storce i diritti dei più deboli attraverso l’arbitrio e la convenienza politica, che non favorisce l’uno o l’altro con il metro dell’ideologia. Invece, purtroppo, è andata esattamente così. Il piano inferiore di quella che fu la villa di Michele Zaza, il re del contrabbando, e i diecimila metri quadri di terreno annessi sono stati assegnati all’associazione Arca Agende Rosse (che fa capo a Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato dalla mafia) e non alla cooperativa «Orsa Maggiore» (che dal 2011 assiste, al piano superiore, sessanta ragazzi con disabilità psichiche) sulla base di un criterio discrezionale: altro che parametri e punteggi. A un anno di distanza dalla denuncia di questo giornale, lo afferma il sostituto procuratore Sergio Amato nella richiesta di archiviazione che chiude l’indagine sulla vicenda. L’inchiesta ha accertato che non sono stati commessi reati ma nessuno aveva mai avanzato un’ipotesi del genere. Né sulle nostre pagine, né altrove. Bene ha fatto il dottor Amato a scandagliare il fondo di questa storia e, per quanto conta, siamo d’accordo con le sue conclusioni. I nodi dell’intreccio, infatti, sono stati e sono di natura politica, non penale.
Riguardano il modo d’intendere il governo della cosa pubblica e l’alterazione della sua essenza amministrativa.
Riguardano i favoritismi concessi per affinità ideologica, la legalità basata sull’interpretazione della norma e non sulla norma stessa, le agevolazioni elargite per fratellanza di pensiero a scapito del diritto oggettivo: così, in sette anni, Luigi de Magistris ha trasformato Palazzo San Giacomo nel fortilizio di una (presunta) rivoluzione a tratti farsesca e più spesso tragica per le condizioni di vita dei napoletani. Ebbene, questo profilo di marca venezuelana stile Maduro affiora anche in un capitolo apparentemente secondario come quello de «La Gloriette»: cosa volete che sia la sorte di sessanta disabili rispetto alla saldatura della propria rete politica? Cosa volete che importi il destino degli operatori che da sette anni affiancano questi ragazzi e che, con il resto della struttura e i diecimila metri quadri di terreno, avrebbero potuto completare un progetto di recupero capace di offrire un futuro a chi il futuro nemmeno sa immaginarlo? Bastava un briciolo di buon senso, dieci minuti spesi a trovare una soluzione che fosse compatibile con le esigenze di tutti (ne avevamo indicata una, all’epoca, con Sergio D’Angelo, ex assessore delle giunte arancioni), invece si è deciso di andare avanti con protervia e strafottenza. Non a caso, nella sua richiesta di archiviazione, il magistrato parla di «esercizio di poteri discrezionali del Comune di Napoli non sindacabili dal giudice penale» e aggiunge che «l’intenzione di favorire uno specifico concorrente non può escludersi nel caso di specie». Dunque avevamo ragione noi, purtroppo: non c’è stato alcun reato ma appare lecito sospettare che a guidare la scelta del sindaco (o di qualche suo strettissimo collaboratore) sia stata una convenienza politica destinata a privilegiare l’associazione più affine all’ideologia dominante. Tutto ciò è l’esatto contrario di quanto de Magistris affermò quando sollevammo il caso. Sostenne, infatti, che l’assegnazione era avvenuta in base a rigidi parametri, dimenticando di specificare che «Arca Agende Rosse» aveva sorpassato nel punteggio «L’Orsa Maggiore» soltanto grazie alla «qualità complessiva del progetto», ossia tramite l’unica valutazione discrezionale presente nel bando di concorso. La verità, alla fine, vince sempre sulla demagogia e sulla «vecchia politica» mascherata a festa. Peccato per quei sessanta disabili condannati probabilmente a lasciare anche la porzione di villa dove sono ospitati. L’affidamento del bene confiscato scadrà l’anno prossimo. E del sindaco tutto si può dire, tranne che sia uno capace di dimenticare.
P.S. Abbiamo cercato di capire a che punto sia la realizzazione del progetto presentato da Arca Agende Rosse nel maggio 2017. Ci hanno risposto che, almeno per il momento, non parlano con il Corriere del Mezzogiorno. Nessun problema, è un loro diritto scegliere con chi dialogare. Speriamo, tuttavia, che raccontino a qualche altro organo d’informazione cosa stanno facendo, perché è diritto di tutti i napoletani sapere cosa è stato realizzato in un bene confiscato alla camorra. Ed è un dovere di chi l’ha ricevuto in affidamento garantire il massimo della trasparenza. In questo caso, piaccia o meno, non esistono criteri discrezionali.
” La verità vince sempre sulla demagogia e sulla «vecchia politica» mascherata a festa