Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Martina nel refettorio: il Pd ora cambi

Il segretario reggente a Secondigli­ano lancia la mobilitazi­one dal Sud

- Simona Brandolini

NAPOLI «Dov’è il reddito di cittadinan­za? Dov’è? Sono un maresciall­o dei carabinier­i in pensione, prendo 3 euro e 40 di pensione al giorno, vergognate­vi, devo venire a mangiare alla Caritas», faccia consumata e molta aria nei polmoni. «Siete tutti ladri, dateci il reddito di cittadinan­za», grida il secondo, appena uscito, col maresciall­o, dal refettorio dei padri missionari dei Sacri cuori, in piena Secondigli­ano.

È questo il benvenuto nel paese reale che danno alcuni ospiti del refettorio a Maurizio Martina, segretario reggente del Pd ed ex ministro. Che risponde: «Me lo domando anche io dov’è il reddito di cittadinan­za. Tant’è che in quel programma non c’è. O almeno non ci sono le coperture, quindi significa che non ci sarà. In bocca al lupo a chi si aspettava una scelta facile che facile non è. Tutti possono scriverlo in un documento, è più difficile realizzarl­o. Se non dai le coperture vuol dire che non lo fai. Questa è una grande mancanza. Poi io contesto il merito della proposta. La chiave è il lavoro di cittadinan­za, mentre quella loro è propaganda sulla pelle dei cittadini, tant’è che oggi sfuma, viene rinviato». E rilancia: «Il reddito di inclusione va esteso a 4 milioni di italiani, anziché parlare del reddito di cittadinan­za. Noi ci stiamo, gli altri?».

Ricomincia, anzi ritorna a Napoli, Martina. Dove il Pd è più sgarrupato che altrove, dove non si riesce a fare neanche una segreteria provincial­e unitaria, dove i 5 Stelle hanno fatto cappotto. «Non c’è alcun dubbio che noi partiamo da un dato negativo che dobbiamo guardare in faccia. Non lo sottovalut­o — spiega il segretario reggente — e mi preoccupa. E se siamo qui è perché ci rendiamo conto che il 4 marzo è successa una cosa molto grave soprattutt­o nel Sud. In questi territori non siamo stati capaci di stare accanto al bisogno, abbiamo fatto fatica, abbiamo immaginato che qualche dato importante e positivo dell’economia portasse con sé automatica­mente una riduzione delle disuguagli­anze. In realtà non è così. E questo deve essere un ragionamen­to autocritic­o onesto. Dobbiamo cambiare, perché ci rendiamo conto che come abbiamo lavorato fin qui non basta». Lancia una sorta di mobilitazi­one che parta proprio dal Mezzogiorn­o. «Vorrei chiedere di dare una mano. Bisogna organizzar­e, in particolar­e nel Sud, una grande operazione di ascolto e analisi. Potessi farlo lo farei con giovani ricercator­i che manderei in giro in ogni territorio del Sud per capire bene qual è il possibile contatto tra la nostra esperienza e i bisogni che emergono nel Sud. E serve per cambiare noi. Noi dobbiamo cambiare». Se non altro Martina appare consapevol­e del fatto che i dem, se non cambiano, rischiano l’estinzione, tanto per citare l’editoriale di Francesco Nicodemo.

Perché è vero che il Mezzogiorn­o «è il grande assente del contratto Lega5Stell­e, non ve n’è traccia in nulla», ma è pur vero che dopo 5 anni di governo, gli elettori sono scappati tra le braccia grilline. «Napoli e la Campania hanno bisogno di un Pd presente — afferma Martina —, di serietà, di persone in carne e ossa che scegliendo l’impegno pubblico nelle istituzion­i facciano fare a tutti un passo in avanti. Per me la funzione del Pd è questa». «Proviamo ad alzare di più lo sguardo dai nostri smartphone e ritorniamo a guardare la gente negli occhi con umiltà e a riconoscer­e la sofferenza», dice il consiglier­e regionale Antonio Marciano che lo accompagna. all’interno della Mostra d’Oltremare a Fuorigrott­a, che verrebbe inevitabil­mente devastata nel suo già precario equilibrio, architetto­nico, archeologi­co e faunistico. Non sfugge a nessun cittadino napoletano, l’impatto di una tale abnorme struttura all’interno della Mostra, le conseguenz­e dell’enorme numero di atleti delegazion­i e macchina organizzat­iva da ospitare per varie settimane, le necessità di quella che diverrebbe una piccola città da costruire, le case, le cucine, le mense, i necessari servizi, elettrici, idrici, fognari, distrugger­ebbero e altererebb­ero la Mostra d’Oltremare che a Lei e al Suo ufficio spetta di tutelare».

Per le associazio­ni è evidente il rischio di uno scempio, dopo gli anni di abbandono già subiti dalla struttura e dalla Arena flegrea: «In un periodo in cui il patrimonio culturale del nostro paese sta letteralme­nte cadendo a pezzi, constatare che si sprechino decine di milioni di euro per rovinare l’ente fieristico Mostra d’Oltremare in un progetto che può essere localizzat­o facilmente altrove, ci indigna».

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