Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Bronchite ecco le cure per batterla
Sono diverse le forme cliniche e ad ognuna deve corrispondere un’adeguata terapia Quella acuta va sospettata nei pazienti che presentano tosse per almeno cinque giorni
Molto spesso si sente parlare di bronchite, ma altrettanto di frequente il termine viene usato in maniera impropria Ecco perché è importante cercare di fare un po’ di chiarezza, e lo si può fare solo analizzando le diverse forme cliniche, la genesi, i criteri diagnostici e i percorsi terapeutici. Dora Maria Nicotra, medico specializzato in malattie dell’apparato respiratorio, spiega che per bronchite si intende «un’infezione del tratto respiratorio che coinvolge le grandi vie aeree, quindi i bronchi». Sono addirittura quattro le forme cliniche che si possono distinguere: «Una acuta, nel caso di un’infezione del tratto respiratorio inferiore a carico dei bronchi. Una forma cronica semplice, caratterizzata da tosse con un espettorato mucoso, che ricorra per almeno tre mesi l’anno (anche non consecutivi) e per almeno due anni successivi. Si può avere una forma cronica muco purulenta, che è l’evoluzione della forma cronica, e una forma cronica ostruttiva. In quest’ultimo caso si parla di broncopneumopatia cronica ostruttiva. All’infiammazione dei bronchi si associa una componente disfunzionale ostruttiva irreversibile».
Ma, cosa c’è alla base di una bronchite? A scatenarla nella sua forma acuta è, nella maggior parte dei casi, un’infezione virale. Nicotra spiega che «i maggiori “indiziati” sono i virus responsabili dell’influenza di tipo A e B, Parainfluenza, Coronavirus, Rhinovirus, Virus respiratorio sinciziale, Human metapneumovirus. I batteri sono meno coinvolti, tuttavia quelli di più frequente riscontro sono Bordetella pertussis, Mycoplasma pneumoniae, e Chlamydia pneumoniae».Ben diversa, chiarisce la specialista, è la genesi della bronchite cronica. «Il primo fattore scatenante è l’esposizione cronica al fumo di tabacco e agli inquinanti ambientali, associata alla suscettibilità individuale. Il fumo di sigaretta determina un’iperplasia (un aumento della crescita in numero, ndr) delle ghiandole presenti nella sottomucosa dei bronchi. Ne consegue l’aumento di secrezioni che caratterizza l’evoluzione della bronchite cronica con associata riduzione del riflesso della tosse. L’effetto finale è un ingombro delle vie aeree che facilita il prodursi di infezioni e il perpetuarsi dell’infiammazione. Si instaura dunque un circolo vizioso che sostiene questo processo patologico». Nonostante si tratti di una patologia frequente, non sempre si arriva celermente ad una diagnosi tramite una seria “raccolta anamnestica”.
«La bronchite acuta – dice Nicotra va sospettata nei pazienti che presentino tosse per almeno cinque giorni (spesso da una a tre settimane) e che non abbiano riscontri clinici indicativi di una polmonite. La bronchite cronica viene diagnosticata in relazione ai sintomi descritti dal paziente in associazione a esami di funzionalità respiratoria (esame spirometrico) con riscontro di deficit ostruttivo non reversibile alla somministrazione di broncodilatatori».
Fatta la diagnosi, è importante intervenire sin da subito con la terapia adeguata. «Per la forma muco purulenta è utile l’associazione di una terapia a base di antibiotico con un esame microbiologico dell’espettorato. Per la forma cronica ostruttiva la terapia è in relazione alla gravità di ostruzione funzionale riscontrata alla spirometria, unita all’entità dei sintomi. Per lo stadio lieve la terapia è basata sull’utilizzo di broncodilatatori a rapida azione al bisogno, per la forma moderata si provvederà all’associazione di più broncodilatatori a azione prolungata, per la forma severa vanno associati corticosteroidi inalatori e un programma di riabilitazione respiratoria. Mentre, per la forma molto severa, la terapia è la medesima della forma severa con l’aggiunta di ossigeno terapia domiciliare a lungo termine indicata per i pazienti che presentano una saturazione periferica di ossigeno minore al 90%».