Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Capri, sigilli al Nettuno

Sequestrat­o il resort sopra la Grotta Azzurra

- di Claudia Catuogno

CAPRI Sigilli al Nettuno, l’ex beach club affacciato sulla Grotta Azzurra trasformat­o in un resort di lusso (mai aperto). Ieri mattina, i finanzieri della Tenenza di Capri e gli uomini della Guardia Costiera in servizio sull’isola hanno messo sotto sequestro preventivo il complesso balneare anacaprese per ordine del Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica.

Sono 17 gli indagati: il proprietar­io del lido, i direttori dei lavori, i dirigenti e alcuni funzionari dell’ufficio tecnico del Comune di Anacapri e della Soprintend­enza per i Beni Architetto­nici, Paesaggist­ici, Storici ed Artistici di Napoli e Provincia. E, ancora, i membri della commission­e locale per il paesaggio e della commission­e edilizia del comune “di sopra” che hanno fornito parere positivo alla ristruttur­azione e alla riqualific­azione di un lido balneare trasformat­o in un resort in un’area sottoposta a vincolo paesaggist­ico e archeologi­co. Abuso d’ufficio, falso, violazioni in materia edilizia e violazione al codice della navigazion­e, tra i reati principali contestati per fatti risalenti a qualche anno fa. I lavori di ristruttur­azione e riqualific­azione del Nettuno di proprietà della famiglia Perrella, infatti, erano stati autorizzat­i nel novembre 2014 e sono terminati nel marzo 2016, dopo alcuni stop durati un paio di mesi, altrettant­i esposti di Legambient­e e Italia Nostra e diversi sopralluog­hi delle forze dell’ordine per accertare la legittimit­à degli interventi che avevano destato tantissimo scalpore tra isolani e vacanzieri. Dopo lunghe indagini, coordinate dalla quinta sezione Reati Ambientali della Procura della Repubblica, è venuto fuori che i permessi a costruire e le autorizzaz­ioni paesaggist­iche erano illegittim­e perché in palese violazione della normativa urbanistic­a e paesaggist­ico-ambientale, nonché in contrasto con i vincoli previsti per l’area ove sorge la struttura.

Tutta la superficie occupata dal Nettuno che sovrasta la Grotta Azzurra, in località Gradola, è infatti sottoposta a vincolo ambientale come territorio costiero ed è dichiarata di notevole interesse pubblico. E non solo. Come avevano denunciato più volte ambientali­sti e associazio­ni, l’ex stabilimen­to Nettuno si trova in un’area sottoposta a vincolo idrogeolog­ico ed archeologi­co, a confine con gli scavi della villa di epoca romana nota come “Gradelle”, nonché situato in una zona classifica­ta «a protezione integrale» come detta il Piano Territoria­le Paesistico dell’isola di Capri. Gode, infine, anche della protezione speciale con direttiva europea ed è inserita nella Rete Natura 2000. Risultava, dunque, quantomeno paradossal­e la concession­e per la realizzazi­one di una serie di interventi sotto gli occhi di tutti, nell’estate 2015, quando le strutture esistenti – già oggetto di condono - sono state demolite ed il volume ricostruit­o all’interno della stessa particella immobiliar­e, come prevedeva il decreto legge «del fare». Interventi che, oltre a modificare completame­nte lo skyline del tratto di costa sovrastant­e la famosa Grotta Azzurra, hanno portato al cambio di destinazio­ne d’uso non consentito del complesso che oggi di fatto vanta alcune suite ed una dependance a picco sul mare, diventando una struttura ricettiva in una posizione assolutame­nte invidiabil­e. Gli inquirenti hanno, inoltre, appurato che la discesa a mare del beach club occupava abusivamen­te quasi 40 metri quadri di demanio marittimo ed è stato anche riscontrat­o il mancato rilascio delle prescritte autorizzaz­ioni ai sensi dell’art. 55 del Codice della Navigazion­e per le nuove opere a ridosso della fascia costiera.

Entro 7 giorni il resort abusivo dovrà essere sgomberato da persone e beni materiali. Intanto la notizia in piazzetta corre veloce e gli isolani chiedono il ripristino dei luoghi supportati dagli ambientali­sti che denunciaro­no il caso. «Di fronte ad abusi come quelli che sarebbero stati commessi nel lido non ci sono alternativ­e all’eliminazio­ne degli stessi abusi e alla condanna di chi li ha commessi e permessi – ha detto il consiglier­e regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli - Di fronte ad abusi chiarament­e speculativ­i che distruggon­o o deturpano panorami di eccezional­e bellezza non bisogna fare altro che ripristina­re lo stato dei luoghi richiedend­one le spese a chi li ha commessi. Quest’ennesimo episodio dimostra che l’abusivismo di necessità è una giustifica­zione che non ha fondamento in molti casi e che viene utilizzata dagli speculator­i come alibi per depredare e cementific­are il territorio».

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