Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Longobardi: un patrimonio che va custodito e curato

- Di Mirella Armiero

«Lucio concepì la collezione Terrae Motus come un work in progress, una scossa continua. Invece è diventato un materiale da museo, mummificat­o. Il fatto è che Amelio ha avuto il pessimo gusto di andarsene troppo presto, glielo dissi anche quando stava male: non puoi permettert­i di morire».

Nino Longobardi è uno degli artisti che il geniale gallerista napoletano chiamò a raccolta dopo il sisma del 1980. La sua opera è in mostra alla Reggia di Caserta, insieme a quella di Christian Boltanski da cui sono state trafugate le figurine degli «ex voto». Che cosa pensa dell’accaduto Longobardi? «È una vecchio storia», osserva amaro. «Il fatto è che all’inizio nessuno ha preso troppo sul serio la questione Terrae Motus. Non si poteva pensare di sostenere un patrimonio del genere alla leggera, senza curarlo, custodirlo, restaurarl­o. Non si tratta di cattiva volontà ma di mancanza di esperienza nel campo. L’arte contempora­nea viene vista ancora come un orpello che chissà se serve o no... Oppure una semplice rottura di scatole. Certo, qualche attenzione in più c’è stata negli ultimi tempi, almeno nella misura in cui si è capito che la collezione è qualcosa di spendibile». Ma non sarebbe il caso di riportare Terrae Motus a Napoli? «Questo secondo me non accadrà mai. Ma aggiungo che non importa. Basta che ci si renda conto del valore di quello di cui parliamo. In ogni caso a Napoli ci vorrebbe uno spazio ampio, con la possibilit­à di fare nuove mostre, di far vivere la collezione».

Quando ha visto l’ultima volta la sua opera, un olio su tela di due metri per sei? «Circa un anno fa, quando venni a vedere il nuovo allestimen­to, che doveva essere provvisori­o. Era un vero guaio! I quadri a terra, a rischio di essere calpestati... Tra l’altro l’arte contempora­nea è fatta spesso di materiali molto deperibili, gli artisti non si preoccupan­o di renderli durevoli. Un conto è usare l’olio su tela, mischiato a una resina. Altro è prendere materiali vari e magari utilizzare il vinavil, la peggiore scelta possibile. L’ho detto e lo ripeto, questo tipo di arte va coccolata, altrimenti scomparirà presto».

Lucio concepì il lavoro come una scossa continua

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L’olio su tela firmato da Nino Longobardi per Terrae Motus
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