Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Appaltopoli, archiviata la posizione di Rea: «Quindici mesi surreali»
Decisione del gip. L’ex presidente della Mostra prima arrestato poi all’obbligo di firma
«Ho vissuto 15 mesi complicati. È stata un’esperienza surreale. Ora so che non dovrò subire altro». Andrea Rea, ex presidente della Mostra d’Oltremare, commenta così la decisione del gip Colucci di archiviare la sua posizione nell’ambito dell’inchiesta «Appaltopoli».
NAPOLI «Ho vissuto 15 mesi complicati. È stata un’esperienza surreale. Almeno ora so che non dovrò subire altro». Andrea Rea, docente universitario di Marketing ed ex presidente della Mostra d’Oltremare, commenta così la decisione del gip Federica Colucci di archiviare la sua posizione nell’ambito dell’inchiesta nota come «Appaltopoli»: un’inchiesta che, nel marzo del 2017, portò all’arresto di numerosi professionisti e docenti, tra cui appunto Rea, con l’accusa di avere pilotato gare di appalto in concorso con l’ex assessore Pasquale Sommese. Mentre molti imputati, tra cui l’ingegner Guglielmo La Regina, sono ormai a giudizio da tempo, nei giorni scorsi è arrivata l’archiviazione sollecitata dalla stessa Procura per diversi indagati: oltre a Rea, che era difeso dall’avvocato Orazio De Bernardo, ci sono tra gli altri l’ex soprintendente Adele Campanelli, assistita da Luigi Sena, e l’ex sindaco di San Giorgio a Cremano Domenico Giorgiano, difeso da Fabrizio Savella.
A Rea e Campanelli veniva contestato di aver turbato una gara d’appalto del 2015 relativa alla realizzazione dei padiglioni 7 e 8 della Mostra d’Oltremare. Racconta Rea: «La prima cosa che dissi all’avvocato — che mi ha seguito ottimamente — e poi al giudice è che dalla Mostra io mi sono dimesso nel 2014, quindi molti mesi prima. Ma ho dovuto accettare l’idea che una cosa per me evidente non lo fosse per altri. Ho dovuto gestire situazioni difficili, anche sul lavoro: sono stato immediatamente sospeso dai due atenei per i quali lavoro, la Sapienza e la SDA Bocconi: ci sono voluti sei mesi per rientrare. Per fortuna questa disavventura mi è capitata in età matura: ero abbastanza strutturato per resistere e le persone intorno a me sapevano chi fossi e che cosa avessi fatto. Se questa cosa fosse successa quando ero più giovane, probabilmente sarei stato spacciato».
Nel marzo del 2015 Andrea Rea fu messo ai domiciliari; successivamente lo stesso gip che aveva emesso l’ordinanza (e che nei giorni scorsi ha archiviato le accuse nei suoi confronti) sostituì i domiciliari con l’obbligo di firma. «Misura — commenta il docente — che forse era anche peggiore: dovevo presentarmi alla polizia giudiziaria tutte le mattine alle 8. Questo non mi permetteva di spostarmi per lavoro». Fu il Riesame, finalmente, ad annullare la misura cautelare. «Quello che mi ha aiutato in questi mesi — prosegue Rea — sono state le tante attestazioni di stima da parte di colleghi, amici e conoscenti. Non voglio polemizzare con nessuno, ma faccio una riflessione: ci sono professioni che più di altre richiedono responsabilità. Tra queste ci sono il medico, che ha a che fare con la vita delle persone, e il magistrato, che ha a che fare con la libertà delle persone. La libertà è forse la cosa più importante dopo la vita. Penso che i magistrati dovrebbero essere particolarmente attenti e responsabili, anche se, mi rendo conto, il loro è un lavoro complicato».
Che per Rea e Campanelli fosse in arrivo l’archiviazione era scontato da dicembre, quando la Procura notificò a 63 indagati l’avviso di chiusa inchiesta: si tratta dell’atto che quasi sempre prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Tra i destinatari i loro nomi non c’erano: segno che gli stessi pm intendevano chiedere l’archiviazione.