Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Da Lia Rumma le crociate di Wael Shawky, un altro sguardo rispetto a chi le ha subite
«Non sappiamo con certezza come accadde, ma è certo che accadde». Guidato dal pensiero dello scrittore Mohamed Mustagab, l’artista egiziano Wael Shawky, classe 1971, dice la sua sulle prime spedizioni nel Vicino Oriente, sulle vicende in Terra Santa, sulle Crociate insomma, raccontandole, con buona dose di ironia e grotesque, in lingua araba e dal punto di vista di chi conquiste e atrocità le subì. Lo fa, in particolare, con «Crusades: The Horror Show Files»(2010), il primo film, a metà tra documentario e film d’animazione, della trilogia «Cabaret Crusades», iniziata nel 2010 e conclusa nel 2015, che vediamo a conclusione del percorso espositivo da Lia Rumma, che a Shawky dedica la prima personale (vernissage oggi alle 18.30). Shawky, ispirandosi sostanzialmente alle «Crociate viste dagli arabi», il saggio scritto nel 1983 da Amni Maalouf, rilegge e racconta le vicende delle «guerre sante» servendosi di splendide marionette (antichi burattini provenienti dalla Collezione Lupi di Torino) capaci di interpretare, anche attraverso letture del Corano, il linguaggio religioso che, al pari di quello storico, può indurre qualche dubbio su quanto veramente accadde. In particolare, le vicende delle prime Crociate, dal 1096 al 1099 (il film fu presentato anche al MoMA PS1 di New York nel 2015) che tra primi piani e campi lunghi, tra giochi di luce e di ombre, sullo sfondo di minuziose scenografie, lasciano affiorare, in un crescendo di emozioni, la ferocia, le crudeltà e gli interessi celati, in Occidente, dietro il concetto di «guerra santa». In tempi recenti, una rilettura decisamente interessante. Perché la riflessione che ci propone l’artista non è tanto sugli accadimenti storici quanto piuttosto su come i processi storici possono essere diversamente, al di qua o al di là della «barricata», interpretati. Il lavoro di Shawky origina da ricerche e viaggi nel suo paese natale che l’artista rielabora attraverso l’uso del disegno, della scultura, dei film, della performance e dello storytelling, per combinare insieme elementi tradizionali alla contemporaneità della cultura araba. Con uno sguardo fisso alle vicende odierne, rilegge i caratteri culturali, religiosi ed artistici della storia medio-orientale, creando realtà terze che vivono e prosperano in un luogo immaginario.In particolare, per la mostra napoletana Shawky ha realizzato una serie di inedite sculture in bronzo, esposte nello spazio della prima sala della galleria di via Vannella Gaetani, che raffigurano esseri poliformi dalla fisionomia bizzarra, inconsueta. Sono per lo più creature mitiche che rimandano a presenze antiche o addirittura preistoriche. Con sembianze animalesche, che mutano e si trasformano in città fortificate, in rocche che sormontano aspre pendici, ma anche in piccoli borghi isolati o navi al largo di oceani immaginari. Figure fiabesche che mixano aspetti della cultura araba, riferimenti della civiltà medievale europea, ed elementi riconducibili al surrealismo. Singolari poi i disegni, dai tratti leggeri e puliti, che ci riconducono allo stesso immaginario animato delle sculture in bronzo.