Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ninotto, cintura rossa del nono Dan alla carriera
Il sogno di Nicola Tempesta: «Insegnare judo per combattere il bullismo»
«A ottantatrè anni c’è ancora tempo per sognare: per combattere il bullismo nelle scuole bisogna insegnare il judo. Con la stessa dignità di come si fa con il latino e la matematica. Ne sono sicuro, è il rimedio giusto e i ragazzi ne sarebbero felici. Pensiamo alle ricadute positive: il judo è un combattimento ma vieni promosso solo se superi la lezione di condotta etica e morale. L’allievo viene giudicato per il modo con cui combatte sul tatami. Se non c’è lealtà, se si pratica violenza, vieni bocciato, sei sconfitto. In Giappone l’abbinamento eticaagonismo si chiama Waza, da noi non si chiama perché non c’è. In Europa, al contrario, il judo è materia di insegnamento da anni, noi continuiamo a fare finta di niente, ma non può andare sempre così, questa è una battaglia da vincere».
Nicola Tempesta - ma gli amici lo hanno sempre chiamato Ninotto per la mole imponente e, soprattutto, per la bontà (guai a stuzzicarlo con malizia, però, chi ci ha provato se l’è vista brutta – farà questo appello questa sera, alle 20.30, al Kodokan Sport di Peppe Marmo in piazza Carlo III dove in forma solenne gli verrà consegnata dalle autorità l’ultima onorificenza di una carriera prodigiosa: la cintura rossa del nono Dan. Più su non si può salire, i sacerdoti giapponesi ti lasciano avvicinare al cielo ma non te lo fanno toccare.
Partendo dai Quartieri Spagnoli e dagli incontri ravvicinati con i marinai americani che lui puntualmente «stendeva», Ninotto di strada ne ha fatta tantissima anche se l’attimo di vera gloria fu la vittoria contro il gigante di Utrecht Anton Geesink, l’unico judoka capace di battere i maestri giapponesi. Fu un match straordinariamente intenso, ma al termine, esausti, i due giganti si abbracciarono e da quel giorno sono diventati anche amici.
Questo per dire che Tempesta è un campione che ha dato tanto a Napoli e per aggiungere che ha ricevuto poco in cambio nonostante due titoli europei e due partecipazioni olimpiche. E’ stato anche selezionatore della nazionale, ma stasera viene finalmente riconosciuta e premiata la sua capacità di diventare personaggio praticando uno sport che a Napoli fino a quegli anni non aveva avuto eroi popolari. Ninotto lo è stato con il suo faccione buono e la sua andatura apparentemente stanca: oggi i praticanti sono circa duecentomila e sono tantissime le palestre.
Un campione vero, insomma, che dopo il judo ha molto amato la pallanuoto che ai suoi tempi si giocava a mare, non in piscina: i giocatori della Canottieri Napoli e della Rari Nantes si allenavano insieme e se le davano di santa ragione. Una pacchia per Ninotto. In quel caso gli amici erano Carletto Pedersoli che non era ancora Bud Spencer, Gildo Arena, il Maradona dell’acqua, Fofò Buonocore e suo fratello Ernesto, che poi sarebbe diventato un valente giornalista: il meglio, insomma, cambiava solo il tatami, che non era di spugna ma di acqua.