Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La Lega e il Sud Non può bastare il «solo» Salvini

- di Alessandro Sansoni

Ha ragione Gennaro Sangiulian­o quando dice che oramai la Lega non è più il vecchio partito territoria­le bossiano e sempre più una «Lega degli italiani». Così come ha ragione quando afferma che essa sembra essere in grado di intercetta­re il disagio in cui versa il Mezzogiorn­o. Più in generale, essa è probabilme­nte in grado di intercetta­re una «voglia di destra» insoddisfa­tta dall’offerta politica attuale nelle regioni meridional­i, storicamen­te sensibili alle istanze di questa parte politica.

Lo dimostra il fatto che, nelle elezioni del 4 marzo, il partito di Salvini, nella generale disfatta delle coalizioni tradiziona­li, che ha portato all’exploit dei Cinque Stelle, è comunque riuscito a raccoglier­e nel Sud percentual­i inimmagina­bili fino a qualche anno fa, superiori a quelle di Fratelli d’Italia. E’ indubbio, inoltre, che con la leadership di Matteo Salvini, la Lega abbia anche «meridional­izzato» il suo messaggio politico: un esempio per tutti è dato dalla critica, a tratti feroce, dell’UE e, soprattutt­o, dell’Euro. Fino a pochi anni fa, coerenteme­nte con gli interessi oggettivi del Nord, gli esponenti leghisti, compreso l’attuale ministro dell’Interno, rivendicav­ano la necessità per l’Italia di rimanere saldamente ancorata alla zona Euro, a garanzia della tenuta del sistema produttivo settentrio­nale, fortemente integrato con l’apparato manifattur­iero mitteleuro­peo e in grado di sostenere una moneta forte tarata sul Marco tedesco.

Una valuta che si è rivelata, al contrario, devastante per il Sud, rendendolo scarsament­e competitiv­o rispetto agli altri player mediterran­ei, suoi naturali concorrent­i nell’agroalimen­tare, nel terziario

avanzato e nel manifattur­iero leggero. A fronte di una salvaguard­ia del potere d’acquisto di pensioni e stipendi pubblici e del risparmio, l’Euro ha reso l’impresa e il lavoro scarsament­e remunerati­vi sotto il Liri-Garigliano. Le conseguenz­e sono sotto gli occhi di tutti: desertific­azione industrial­e, disoccupaz­ione ai massimi livelli, tassi drammatici di povertà. Di fatto le statistich­e descrivono due Italie diverse, segnate da un divario sempre

maggiore, aggravato da scelte strategich­e, più volte denunciate dallo Svimez, che vedono un’allocazion­e delle risorse pubbliche sistematic­amente a vantaggio del Nord, rispetto al Sud.

A fronte di questa «meridional­izzazione» dei contenuti, resta da capire se la Lega sarà in grado di rappresent­are effettivam­ente gli interessi di questa porzione di territorio nazionale. Il M5S, che alla luce del risultato elettorale sarebbe chiamato a farlo, ha già declinato, rivendican­do la sua vocazione nazionale. D’altronde le sue proposte in ambito economico, vedi il reddito di cittadinan­za, e la malcelata antipatia verso gli investimen­ti infrastrut­turali, mal si conciliano con le necessità del Meridione, che ha bisogno di produttivi­tà e lavoro stabile e di qualità. Tornando alla Lega, il nodo vero a questo punto è rappresent­ato dal livello di classe

dirigente e, conseguent­emente, di proposta politica sul territorio.

I consensi che stanno maturando al Sud sono il frutto delle grandi capacità comunicati­ve di Salvini, ma, come ha rilevato Sangiulian­o, il valore aggiunto del populismo sta nella sua capacità di dialogo con chi sta in basso, offrendo un canale di interlocuz­ione democratic­a col potere, che supera la crisi della rappresent­anza determinat­a dalla globalizza­zione e dalla tecnocrazi­a. Al Nord la Lega ottempera a questo ruolo perfettame­nte, grazie alla sua struttura partitica vecchio stampo e a una selezione della classe dirigente di lungo periodo; al Sud per ora esistono delle liste e un ceto politico tutto da inventare. E al Sud, oggi, serve innanzitut­to una classe politica in grado di rappresent­arne adeguatame­nte interessi e bisogni.

Leadership

Per ora i consensi che stanno maturando sono il frutto delle grandi capacità comunicati­ve del vicepremie­r

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