Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La Lega e il Sud Non può bastare il «solo» Salvini
Ha ragione Gennaro Sangiuliano quando dice che oramai la Lega non è più il vecchio partito territoriale bossiano e sempre più una «Lega degli italiani». Così come ha ragione quando afferma che essa sembra essere in grado di intercettare il disagio in cui versa il Mezzogiorno. Più in generale, essa è probabilmente in grado di intercettare una «voglia di destra» insoddisfatta dall’offerta politica attuale nelle regioni meridionali, storicamente sensibili alle istanze di questa parte politica.
Lo dimostra il fatto che, nelle elezioni del 4 marzo, il partito di Salvini, nella generale disfatta delle coalizioni tradizionali, che ha portato all’exploit dei Cinque Stelle, è comunque riuscito a raccogliere nel Sud percentuali inimmaginabili fino a qualche anno fa, superiori a quelle di Fratelli d’Italia. E’ indubbio, inoltre, che con la leadership di Matteo Salvini, la Lega abbia anche «meridionalizzato» il suo messaggio politico: un esempio per tutti è dato dalla critica, a tratti feroce, dell’UE e, soprattutto, dell’Euro. Fino a pochi anni fa, coerentemente con gli interessi oggettivi del Nord, gli esponenti leghisti, compreso l’attuale ministro dell’Interno, rivendicavano la necessità per l’Italia di rimanere saldamente ancorata alla zona Euro, a garanzia della tenuta del sistema produttivo settentrionale, fortemente integrato con l’apparato manifatturiero mitteleuropeo e in grado di sostenere una moneta forte tarata sul Marco tedesco.
Una valuta che si è rivelata, al contrario, devastante per il Sud, rendendolo scarsamente competitivo rispetto agli altri player mediterranei, suoi naturali concorrenti nell’agroalimentare, nel terziario
avanzato e nel manifatturiero leggero. A fronte di una salvaguardia del potere d’acquisto di pensioni e stipendi pubblici e del risparmio, l’Euro ha reso l’impresa e il lavoro scarsamente remunerativi sotto il Liri-Garigliano. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: desertificazione industriale, disoccupazione ai massimi livelli, tassi drammatici di povertà. Di fatto le statistiche descrivono due Italie diverse, segnate da un divario sempre
maggiore, aggravato da scelte strategiche, più volte denunciate dallo Svimez, che vedono un’allocazione delle risorse pubbliche sistematicamente a vantaggio del Nord, rispetto al Sud.
A fronte di questa «meridionalizzazione» dei contenuti, resta da capire se la Lega sarà in grado di rappresentare effettivamente gli interessi di questa porzione di territorio nazionale. Il M5S, che alla luce del risultato elettorale sarebbe chiamato a farlo, ha già declinato, rivendicando la sua vocazione nazionale. D’altronde le sue proposte in ambito economico, vedi il reddito di cittadinanza, e la malcelata antipatia verso gli investimenti infrastrutturali, mal si conciliano con le necessità del Meridione, che ha bisogno di produttività e lavoro stabile e di qualità. Tornando alla Lega, il nodo vero a questo punto è rappresentato dal livello di classe
dirigente e, conseguentemente, di proposta politica sul territorio.
I consensi che stanno maturando al Sud sono il frutto delle grandi capacità comunicative di Salvini, ma, come ha rilevato Sangiuliano, il valore aggiunto del populismo sta nella sua capacità di dialogo con chi sta in basso, offrendo un canale di interlocuzione democratica col potere, che supera la crisi della rappresentanza determinata dalla globalizzazione e dalla tecnocrazia. Al Nord la Lega ottempera a questo ruolo perfettamente, grazie alla sua struttura partitica vecchio stampo e a una selezione della classe dirigente di lungo periodo; al Sud per ora esistono delle liste e un ceto politico tutto da inventare. E al Sud, oggi, serve innanzitutto una classe politica in grado di rappresentarne adeguatamente interessi e bisogni.
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Leadership
Per ora i consensi che stanno maturando sono il frutto delle grandi capacità comunicative del vicepremier