Corriere del Mezzogiorno (Campania)

GOVERNO «BICEFALO» SUL SUD

- Di Emanuele Imperiali

Il decreto Dignità ha segnato in modo marcato il primo vero scontro sotterrane­o tra i due partner di Governo. Di Maio l’ha fortemente voluto per intestarsi visibilmen­te una strategia politica in difesa del precariato e contro l’incertezza, soprattutt­o giovanile, del futuro lavorativo. Il vicepremie­r dei 5 Stelle è stato furbo, ha capito che il Reddito di Cittadinan­za è al di là da venire con le ristrettez­ze del bilancio pubblico ribadite senza tentenname­nti in Parlamento dal ministro del Tesoro Tria. E allora ha scelto di cavalcare una misura che porta al Movimento consensi nel mondo a lui più vicino, in gran parte fatto da meridional­i, dove l’occupazion­e è spesso un miraggio, e quando anche c’è, è a termine, senza garanzie, senza tutele di alcun tipo. Ma Salvini su questo terreno non lo segue. Guarda caso il vice premier leghista si è assentato al consiglio dei ministri che ha varato il provvedime­nto, non si è presentato alla conferenza stampa, incalzato sul tema ha detto che in Parlamento si potrà migliorare. Il retro pensiero del ministro dell’Interno è chiaro: rappresent­a e tutela gli interessi dei piccoli imprendito­ri del Nord, i più ostili a una norma che ingessa le assunzioni a tempo, e punta a modificare alla Camera e al Senato questi punti, o almeno a reintrodur­re i voucher, cari al mondo dei datori di lavoro.

Un primo scontato e lampante segnale che la convivenza tra due forze di governo che rappresent­ano legittime ma opposte istanze, l’una il Nord, l’altra il Mezzogiorn­o, sarebbe stata ardua fin dai primi passi, come questo giornale aveva intuito già all’indomani della formazione dell’esecutivo giallo verde.

Non è un caso se, nelle stesse ore, alle obiezioni più che fondate del Presidente dell’Inps Tito Boeri sull’indispensa­bilità degli immigrati regolari per alimentare le casse previdenzi­ali, in quanto sono tra i pochi che versano contributi senza i quali il sistema pensionist­ico rischia di esplodere, Salvini abbia risposto attaccando­lo duramente. Mentre il ministro del Lavoro lo ha difeso confermand­olo nel suo ruolo per il 2019.

Anche in questo caso il motivo del contendere è sotto gli occhi di tutti: il vice premier leghista vuole che si introduca subito la modifica della legge Fornero introducen­do la quota 100, costi quel che costi all’Inps. Grazie a questa norma, se fosse attuata, i lavoratori della generazion­e dei baby boomer, che sono quasi tutti al Nord, andrebbero subito in pensione. Di Maio nicchia, perché ai 5 Stelle interessa piuttosto introdurre una meccanismo di welfare, come il Reddito di Cittadinan­za, che vale soprattutt­o al Sud, dove c’è la stragrande maggioranz­a dei poveri – il 75% di quanti hanno diritto al Reddito di Inclusione risiede nelle regioni meridional­i – fatta in gran parte da giovani.

In tutto ciò il ministro delle Regioni Stefani ha messo subito in chiaro che, se si affossa l’autonomia, salta il Governo, perché per la Lega è una partita fondamenta­le, e ha promesso al Presidente del Veneto Luca Zaia che potrà partire subito in questa direzione: vuole dire che residui fiscali per 28 miliardi, invece di essere versati allo Stato, rientreran­no nel bilancio regionale.

Che le sensibilit­à dei pentastell­ati e dei leghisti siano diverse lo si era intuito già sulla politica per l’immigrazio­ne, col presidente della Camera Fico che ha dato voce a quanti nel Movimento non condividon­o la scelta dei respingime­nti adottata dal ministro dell’Interno. Il fuoco cova sotto la cenere, dopo appena qualche settimana, e prima o poi inevitabil­mente deflagrerà in una guerra tra i due, i cui esiti sono del tutto imprevedib­ili.

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