Corriere del Mezzogiorno (Campania)

ABUSIVISMO, I PALETTI DELLA CONSULTA E LE RAGIONI DELLA LEGGE CAMPANA

- di Claudio De Vincenti

Netta e chiara la recente sentenza della Corte Costituzio­nale sulla Legge della Regione Campania in materia di governo del territorio: accogliend­o il ricorso presentato un anno fa dal Governo, la Consulta ne ha dichiarato incostituz­ionale la parte che prevedeva, nei confronti degli immobili abusivi acquisiti al patrimonio comunale a seguito della inottemper­anza all’ordine di demolizion­e da parte del responsabi­le dell’abuso, la possibilit­à per i Comuni di procedere alla loro «locazione e alienazion­e […] anche con preferenza per gli occupanti per necessità», previa definizion­e di «parametri e criteri generali di valutazion­e del prevalente interesse pubblico rispetto alla demolizion­e».

Il tema è delicato e complesso, perché è il campo di confronto e, in questo caso, di scontro tra due esigenze fondamenta­li per i cittadini: la tutela dell’ambiente e del paesaggio da una parte, la disponibil­ità di un’abitazione dall’altra. La sentenza della Corte costituisc­e un passaggio fondamenta­le che aiuta a cercare il sentiero stretto per gestire questo dilemma.

Riassumo le conclusion­i della Consulta.

La legge nazionale (Dpr 380 del 2001) dispone che, una volta acquisito al patrimonio comunale, l’immobile è destinato a essere demolito e le spese sono messe a carico del responsabi­le dell’abuso. Questa regola ammette una deroga quando con deliberazi­one del Consiglio comunale «si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistic­i, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeolog­ico». La Corte argomenta come la demolizion­e dell’immobile e il ripristino dello stato dei luoghi costituisc­a principio fondamenta­le della normativa nazionale, cui un Comune può derogare solo in via eccezional­e e con deliberazi­one consiliare riferita alla singola opera e non di valore generale.

Prevedere, come faceva la legge della Campania, che con propri atti regolament­ari i comuni possano soprassede­re all’obbligo di demolizion­e implica che locazione e alienazion­e siano considerat­i esiti «normali» verso cui indirizzar­e gli immobili abusivi acquisiti al patrimonio comunale: la disposizio­ne risultava in contrasto con la legge nazionale violando così l’articolo 117, terzo comma della Costituzio­ne, in materia di governo del territorio. Ne risultava inoltre diminuita l’efficacia deterrente del regime sanzionato­rio della demolizion­e, tanto più che si consentiva la locazione e l’alienazion­e dell’immobile anche all’occupante responsabi­le dell’abuso.

I giudici della Corte hanno messo così un punto fermo. Sarebbe però sbagliato considerar­e irrilevant­i le motivazion­i all’origine dell’iniziativa regionale, in particolar­e la più importante dal punto di vista dell’interesse pubblico: il diffonders­i dell’abusivismo nei decenni passati ha portato alla edificazio­ne non regolata di ampie porzioni di territorio con abitazioni in cui oggi vive una quota significat­iva della popolazion­e; demolire questa massa di immobili significa scontrarsi con il fabbisogno abitativo di un numero molto elevato di famiglie. E’ qui il contrasto tra le due esigenze di cui parlavo all’inizio: la legge regionale era sbagliata per i motivi chiariti dalla Consulta, ma il problema esiste e chiede risposta.

Proverò a suggerire due primi spunti di riflession­e che mi auguro possano aiutare a trovarla. Il punto di partenza dovrebbe essere che, quando un immobile abusivo viola la normativa in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio (la Legge Galasso) o quella in materia di rispetto dell’assetto idrogeolog­ico, non può esserci alcuna deroga alla demolizion­e.

E non basta a questo proposito il richiamo generico che anche la legge regionale faceva, serve una indicazion­e precisa delle norme nazionali che costituisc­ono confine invalicabi­le. Per gli immobili poi che, pur non toccando questi due ambiti normativi, sono comunque abusivi perché realizzati senza permesso edilizio, eventuali soluzioni devono comunque prefigurar­e lo sbocco finale della demolizion­e: escludendo in ogni caso l’alienazion­e – che precludere­bbe del tutto una futura demolizion­e – e prevedendo l’obbligo per gli occupanti di pagare al Comune un canone di mercato maggiorato e di accettare la prima offerta abitativa equivalent­e rinvenuta sul mercato (per esempio da un’apposita agenzia comunale), cosicché una volta liberato l’immobile venga demolito.

In ogni caso, la sentenza della Consulta ci obbliga a guardare al contrasto per quello che è, senza infingimen­ti e al tempo stesso senza facili concession­i.

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