Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Crateca», quattro uve per un bianco ischitano
Due ettari vitati in una tenuta di 5,5, che comprende anche un bosco e un orto. Il sogno enologico dei fratelli Castagna, Arnaldo, Gianpaolo e Pergiovanni, è coltivato in questa vigna a 250 metri sul livello del mare nella zona collinare di Lacco Ameno. Albergatori, nel 1983 acquistarono la proprietà iniziando una significativa opera di restauro di un vecchio vigneto: innanzitutto furono ripristinati i terrazzamenti attraverso il rifacimento di circa 3 chilometri di muretti a secco, conosciuti a Ischia come parracine. Nei filari, biancolella, forastera, fiano, greco, e ancora aglianico, piedirosso, guarnaccia. Dalle prime quattro varietà di uva ha origine il Crateca bianco. Attualmente in commercio c’è ancora il 2016, anche se da poco è iniziata la consegna del 2017. Preferisco occuparmi del primo dei due, assaggiato per due volte in modo casuale in un ristorante del centro di Napoli e a casa mia grazie alla segnalazione di un amico.
Innanzitutto va evidenziato che non è facile ottenere un vino coerente e armonico da quattro varietà diverse. Il Crateca bianco, protetto dalla tutela dell’Igt Epomeo, si presenta con un colore paglierino abbastanza carico. È luminoso e piuttosto consistente. Ampi e fini i profumi. Non particolarmente intensi però. Si colgono aromi vegetali, non solo floreali. Dal calice emergono prepotenti anche sentori di roccia. Poi, alla distanza esce fuori la frutta matura (nespole, prugne gialle, pesca bianca). Soddisfacente il sorso, grazie all’apporto dei polialcoli, che conferiscono morbidezza, e dell’acidità e della mineralità che ne sanciscono la vitalità. Lunghezza nella norma, chiusura precisa e pulita. Si può bere, in alternativa al Biancolella in purezza, sul coniglio all’ischitana. Buono anche sui primi piatti con sughi marinari, sui pesci bianchi alla brace.