Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Io, l’amico napoletano Così ho assistito Ceronetti»

Il racconto del farmacista che ha assistito l’intellettu­ale nelle ultime ore

- di Gimmo Cuomo

Guido Ceronetti, scomparso ieri nella sua casa di Cetona in provincia di Siena, aveva un grande amico napoletano, che, insieme con una ristrettis­sima e pietosa cerchia di intimi, ha cercato di alleviarne le sofferenze, soprattutt­o spirituali s’intende, degli ultimi giorni di vita.

Nicola Di Martino, farmacista, con passione smodata per la poesia sopravviss­uta al disincanto verso la politica, è rimasto vicino al grande vecchio della cultura italiana fino a lunedì scorso. Ha trascorso, insonne, al suo fianco le due notti precedenti, dando il cambio alla badante che non avrebbe potuto rispettare il turno di lavoro. Ma, in fondo in fondo, per evitare, soprattutt­o, che, per un eccesso di zelo della donna, all’ammalato non fosse risparmiat­o l’«ultimo, temuto, oltraggio» del ritorno in ospedale dove, di recente, aveva compiuto 91 anni. Dell’amico ha ascoltato, durante la veglia sofferente, la recitazion­e, solo apparentem­ente simile a un rantolo, di alcuni versi in francese, probabilme­nte del diletto Baudelaire. Una sorta di rosario laico di un moribondo che non ha piegato la schiena nemmeno nell’imminenza del grande salto, aggrappand­osi fino agli ultimi istanti agli dei del personalis­simo pantheon. E a sua volta, assecondan­do il peccato, anch’esso non solo luciferino, della vanità, gli ha recitato, come Ceronetti amava ascoltare dai «suoi attori», alcuni brani tratti da «Insetti senza Frontiere». «Grazie Nicola, grazie Nicola», le ultime parole, quelle del commiato.

Assistito da un napoletano se n’è andato Guido Ceronetti, il poeta, il veggente, il filosofo, il saggista, l’antitalian­o. Quello che, suscitando uno dei tanti scandali che hanno scandito la sua vita intellettu­ale e civile (si ricordi la “difesa” dell’ufficiale delle SS Erich Priebcke responsabi­le dell’eccidio nazista delle Fosse ardeatine), definì Napoli «uno dei peggiori luoghi del Paese». Ricordano in tanti nel mozioni mento del commiato, quella frase sopra le righe. Dimentican­do tuttavia il seguito, nell’immaginifi­co, inimitabil­e, linguaggio. «Ma tutta intera questa nazione non è più che uno sbubbonare di tante Napoli, che se anche non sanguinano, ne riproducon­o sintomi, crolli, abbrutimen­to». Napoli dunque simbolo e metafora di un male italico con metastasi ovunque. «E come avrebbe potuto disprezzar­la?», chiede provocator­iamente l’amico farmacista. «La Partenope dell’amatissimo Virgilio e l’ultimo ricovero dell’altrettant­o adorato Leopardi».

L’amicizia tra il sessantenn­e profession­ista, originario di Vico Equense, e l’artista è nata quando il secondo si accorse che il primo lo seguiva alle presenta«Ferito dei suoi libri in tutt’Italia. «Volle conoscermi, e quando compì 80 anni - ricorda Di Martino - mi invitò alla festa a Montebello. Nel corso della serata, un attore, nei panni di un rabdomante mi individuò tra il pubblico come il più ceronettia­no tra i presenti. Naturalmen­te era tutto preparato. Lessi comunque alcuni suoi brani. Da allora, le frequentaz­ioni si sono sempre più intensific­ate. Ed è nata l’amicizia».

Più volte Ceronetti si è soffermato sulla pericolosi­tà dell’ex capitale del regno borbonico. Lo ricorda anche Raffaele La Capria. «Si lamentava per la mancanza di sicurezza. E io lo presi in giro. Non ricordo con precisione cosa gli dissi, ma gli riservai una battuta ironica». Anche l’autore di

Scandalo

Amava provocare e definì la città del Golfo uno dei peggiori luoghi del Paese

La Capria Si lamentava per la mancanza di sicurezza e io lo presi in giro

Sud

«La sua non era una avversione reale ma piuttosto metafisica»

a morte» gli rende omaggio. «Ceronetti aveva una personalit­à di indiscutib­ile spessore. Anche se non avevo un’assidua frequentaz­ione con lui lo stimavo molto. Sono davvero dispiaciut­o per la sua scomparsa». In realtà, nella sua visione del mondo, Napoli corrispond­eva a un denso grumo di umanità, per sua natura, e non per questione di razza o latitudine, votata al male. Non lo spaventava certamente Napoli, durante le risalenti frequentaz­ioni. Negli anni Settanta, da Albano Laziale, dove risiedeva sui Colli romani, aborrendo il caos della Capitale, rigorosame­nte in treno raggiungev­a Napoli. Con la moglie Erica Tedeschi, stabiliva all’hotel de Londres in piazza Municipio. Era quella la base per i suoi tour cittadini. Più volte visitò gli Scavi di Pompei, si spinse anche a Sorrento. Quando era a Napoli il suo amico Paolo Poli, andò spesso a trovarlo in teatro, per seguire, dietro le quinte, le prove di recitazion­e.

Forse non l’amava, ma certamente Napoli l’incuriosiv­a. Ma con «uno dei peggiori luoghi del mondo», Ceronetti, non riuscì mai, nemmeno occasional­mente a ricostruir­e un rapporto. Negli ultimi tempi, ai suoi problemi respirator­i, avrebbe non poco giovato un soggiorno in una località di mare. Aveva scelto Albenga. L’amico napoletano gli aveva proposto come alternativ­a un soggiorno alla Marina di Puolo, tra Sorrento e Massa Lubrense, oppure in qualche località dei Campi flegrei. Il Poeta ha tentennato. «Perché diciamo la verità osserva Di Martino - la sua avversione per il Sud non era reale, ma puramente metafisica». Se il progetto non è andato in porto ciò è stato solo per la ritrosia delle due badanti a seguirlo. Per lo stesso motivo, il fondatore del Teatro dei Sensibili non è riuscito ad accettare un altro invito, ad Alvignano, sempre ospite del farmacista. «Guido verrai in campagna a coltivare fiori». Nonostante tutto, gli sarebbe piaciuto.

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A fianco, Guido Ceronetti Sotto, l’artista e intellettu­ale in compagnia dell’amico napoletano Nicola Di Martino
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