Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il governatore: il mio Pd non sa parlare alla gente che ha paura
«Il mio partito non sa parlare a chi ha paura»
Vincenzo De Luca alla festa dell’Unità a Scafati sul suo partito: «Ci sono dirigenti che sembrano arrivare da Marte, non capiscono che devono dare risposte alla paura della gente».
«I nostri elettori sono come gli ebrei durante le leggi razziali, estranei in patria». Vincenzo De Luca ripete una battuta non troppo felice che aveva fatto all’indomani della cocente sconfitta. «Ho deciso di essere brutalmente chiaro in questo periodo», come se finora non lo fosse stato.
Periodo di feste e comizi anche per il governatore. Nella paludosa Scafati, viste le puntigliose zanzare, le mosche e parecchia immondizia. Gioca in casa, ci sono i suoi fan, dentro e fuori il Pd. Ad ogni cosa fatta, si tratti del pronto soccorso o del micro finanziamento, scatta l’applauso. La piazza è intitolata a Falcone e Borsellino, la scuola a Ferdinando di Borbone.
Alle sue spalle campeggia lo slogan dem: Per l’Italia che non ha paura. «Demenziale — commenta il governatore —. Non dobbiamo abbandonare valori come solidarietà e aiuto ai più deboli. Però c’è anche un’altra faccia. Una parte di migranti toglie sicurezza ai nostri concittadini. I senegalesi pretendono di occupare le scale del Duomo di Salerno e il lungomare coi loro tappeti. Abbiamo bande specializzate in furti negli appartamenti. E noi parliamo a chi non ha paura? Infatti l’80 per cento della gente ha paura. E un partito progressista deve saper rispondere oggi. Apriamo i centri di accoglienza in Africa con la protezione dei caschi blu. Le Nazioni Unite sono intervenute in Afghanistan — argomenta —, hanno avallato l’invasione dell’Iraq da parte del primo George Bush, ma di fronte a una tragedia umanitaria come questa tacciono. Cosa ci impedisce di aprire 10 centri di accoglienza in Africa? Sotto l’insegna Onu e custoditi dai loro caschi blu». E ancora: «Se non padroneggiamo noi il tema della sicurezza, al governo andranno le forze reazionarie».
Sicurezza e lavoro, sono questi ormai i cardini del De Luca politico. «Quando la gente ha paura non pensa alle bandiere ma ai propri figli. Il Pd deve costringersi a guardare la realtà per quella che è, soprattutto se perdi 6 milioni di voti». E sempre sul partito da cui non si tira fuori, tutt’altro: «Quando qualcuno mi ricorda la camorra letteraria, io ricordo la camorra fisica che qui abbiamo combattuto al fianco dei contadini negli anni Settanta. Una storia è destinata a rinsecchirsi se non si rinnova. Il nostro partito sembra un corpo estraneo al paese, alcuni dirigenti sembrano venuti da Marte. Io voglio combattere per vincere, ma bisogna riorganizzare le forze di fronte a un governo improbabile. Un governo che cambia tre volte posizione sui vaccini».
Annuncia poi sul lavoro un incontro a Roma per il suo piano da diecimila giovani assunzioni nella pubblica amministrazione. «Avverto i sindaci che devono cominciare a segnalare i vuoti in pianta organica. Anche in questo caso ci siamo scontrati con una deformazione ideologica di chi pensa che il lavoro lo creino le imprese. Certo è ovvio, ma lo Stato non può rinunciare a un suo ruolo. Perché il Pd non lo fa? Se non fa questo, chiudesse i battenti perché non serve a niente». Una cosa è chiara: «A me di fare testimonianza non frega niente. Io voglio vincere». E questo è un sicuro avvertimento per il suo partito. Oggi De Luca è di scena a Caserta con Minniti e Gentiloni. Dai socialisti. Perché «serve un’aggregazione ampia».
Ps. Non poteva mancare la frecciatina al sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. «Abbiamo una drammatica emergenza a Napoli dell’Anm. Hanno portato i libri in tribunale, ma i debiti non si pagano in moneta virtuale, in talleri o sesterzi». Sipario.
Accanto a valori come aiuto e solidarietà servono garanzie
Se perdi sei milioni di voti devi guardare in faccia la realtà