Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Attenti alle «verità illusorie»
La novità delle fake news è una fake news. Verrebbe quasi voglia di usare un paradosso per provare a dire poche cose meno scontate su un fenomeno tanto antico quanto mai così di moda.
Tutti oggi parlano di fake news come se fossero una novità. In realtà si tratta delle vecchie care bufale (nel migliore dei casi o gravi inganni nel peggiore), ovvero le notizie false. La differenza profonda è che oggi si sono moltiplicati i mezzi e i luoghi dove diffonderle. Oltre ad essersi drasticamente ridotti i tempi per controllarle, smentirle e/o confutarle. In più ci sono – cosa non da poco e fattore moltiplicatore di diffusione i nuovi social che hanno trasformato radicalmente il nostro modo di stare in rete (e anche di vivere in mezzo agli altri).
Partendo dall’assioma (purtroppo non sempre chiaro, o peggio ancora molto trascurato) che tutta la nostra navigazione viene tracciata per vendere pubblicità e/o acquisire i nostri dati personali, gli algoritmi dei colossi del web studiano oggi giorno cosa proporci da comprare o cosa farci leggere o cliccare a seconda delle nostre preferenze. Un fenomeno che ha un impatto straordinario su quello che cerchiamo e quindi troviamo in rete.
Come ha chiaramente spiegato anche ieri il professor Riccardo Viale sulla pagina dei commenti del Corriere della Sera, il fenomeno della «verità illusoria» (nel caso ad esempio delle credenze dei no vax palesemente antiscientifiche) viene «amplificato e sfruttato attraverso il web». In vari modi. Uno dei principali – considerando i 26 milioni di italiani che stanno su FB - attraverso meccanismi come il neewsfeed proprio di Facebook: algoritmi che, analizzando ciò che clicchi, selezionano le informazioni da mostrarti in base a ciò a cui sembri più sensibile ed interessato. Un gioco perverso in cui sei da una parte rincuorato nelle tue certezze e dall’altro bombardato da ciò che vuoi sentirti dire.
Se è vero che solo con i dati di 100
like di Facebook (come scrive ancora Viale) è possibile costruire giudizi molto accurati sulla personalità in un individuo, diventa molto semplice immaginare come la nostra impronta digitale in rete sia usata per manipolare il nostro consenso. Proponendoci sempre di più temi e profili a noi affini. In questo i Bot ( i robot digitali) sono alleati straordinari dei signori della rete: la profilazione dell’utente non ha solo più una valenza pubblicitaria ma assume caratteristiche importanti sul piano politico e del consenso. E quest’ultimo ha forti connessioni con l’informazione.
Quando si parla di controllo delle fonti, di affidabilità delle testate e dei siti che diffondono le notizie, di incrocio dei dati verificabili stiamo parlando di correttezza e qualità dell’informazione. La prima domanda da farsi quando si legge (o si scrive) una notizia su qualunque dispositivo e su qualunque pagina digitale o cartacea è sempre la stessa: qual è la fonte?
Il senso critico serve per essere cittadini attenti: sia che si faccia informazione, che la si riceva e soprattutto che la si faccia circolare, visto la preponderanza sempre maggiore di persone che si informano sui social invece che sulle testate tradizionali. Questo non vuol dire che le testate tradizionali siano immuni da bufale, errori o informazioni errate. Vuol solo dire che hanno maggiori controlli interni e che quindi la soglia di controllo è più alta.
La rete ha dato straordinarie opportunità. In cambio chiede molto. I nostri dati, le nostre preferenze, la rinuncia alla nostra privacy. Più che attenzione alle fake news bisognerebbe insegnare a navigare «consapevolemente». Non credo — per quel poco che possa valere la mia opinione – che imposizioni e divieti siano la soluzione: credo che occorra un’educazione al senso critico da diffondere a ogni livello per chi sta in rete. E non dimenticare mai un vecchio adagio: se qualcuno ti offre qualcosa gratis, a meno che non sia un filantropo (o la mamma), non ti sta facendo un regalo. Tutto quello che ti viene dato gratis, si paga sempre in qualche modo. Adesso uno dei prezzi della gratuità in rete è il proliferare delle fake news. Ma abbiamo tutti gli strumenti per combatterle, come sempre. Altrimenti a che servirebbero i giornali?