Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Palazzo Carafa, cinque secoli di storia Restauro lampo per il portone ligneo
Crowdfunding per reperire le risorse. Ora si attendono i lavori alla loggia e alla volta
Lo splendido ingresso del Palazzo Diomede Carafa, datato al 1466, torna a splendere sul decumano inferiore. Il celebre palazzo della testa di cavallo, mostra portone ligneo e portale marmoreo restaurati e presentati alla cittadinanza da Lorenzo Garella e Ida Maglietta per la Soprintendenza, Marisol Valenzuela per l’Istituto superiore per la conservazione ed il restauro. Presenti Alberto Sifola e Marina Colonna Amalfitano per l’Associazione Dimore storiche italiane, unitamente all’amministrazione condominiale del palazzo, Michele Pontecorvo Ricciardi per il generoso contributo di Ferrarelle, unitamente a quello della Cappella Sansevero per i battenti e del Rotary per il portale marmoreo.
Un vero crowdfunding con gli ulteriori contributi di Petrone Group, M. Cilento e fratello, EX-J, Giancarlo Nocera, Fiorella Mainenti e Antonio Biasucci. L’intervento di pulizia, restauro e consolidamento dell’ingresso monumentale restituisce alla città una versione personalizzata ed unica di portale ionicorinascimentale: forse fu progettato su suggerimento diretto a Diomede Carafa da Leon Battista Alberti che nel 1465 è ospite a Napoli di Filippo Strozzi. Il paziente lavoro, partito appena nel febbraio 2018, ha evidenziato la sostituzione tardomoderna delle formelle di rovere e castagno con le insegne araldiche dei Carafa, deteriorate dal tempo e da incrostazioni. Uomo d’arme e titolare di importanti feudi sotto Alfonso il Magnanimo, Diomede fu un abile diplomatico, come il celebre padre, e divenne precettore di Ferrante I e delle principesse Beatrice ed Eleonora d’Aragona. Nella sua carriera di perfetto uomo rinascimentale, scrisse Il Memoriale sui doveri del principe (1476) e il Trattato dello optimo cortesani (1479 circa) anticipando il trattato di Niccolò Machiavelli.
L’apoteosi del Carafa raggiunta sotto re Ferrante, fu simbolicamente rappresentata dalla sua celebre dimora: quella dal bugnato bianco e giallo, costruita ampliando le proprietà paterne e tutta volta alla maniera antica con chiari riferimenti vitruviani. Spiccano in essa le innovazioni del gusto contemporaneo di allora, lega- te da un lato all’ascesa dei Medici a Firenze e dall’altro alla cultura architettonica catalana. Diomede sintetizzò dunque le aspirazioni di un’intera epoca proprio nell’ingresso: sotto un ornato di foglie di lauro e acanto, intrecciate alla dichiarazione di fedeltà a Re Ferrante, sono tornati a splendere oggi gli intagli lignei del blasone di “rosso alle tre fasce d’argento” con la stadera e la pergamena stesa su un telaio circolare. In alto, sulla cornice marmorea, stanno a guardia e monito i busti degli imperatori Claudio e Vespasiano; al centro del mensolone, la statua di Ercole in una nicchia che in origine era occupata da una ninfa-Venere ora ai Musei Vaticani.
Una sontuosa macchina celebrativa in due tempi, prologo in marmo e legno delle meraviglie esposte nel cortile alla vista di tutti i passanti: il proto-museo per eccellenza di Napoli, con la protome equina in bronzo di Donatello regalo di Lorenzo dei Medici, la colonna dedicata a re Ferrante e agli antenati del casato, e le numerose epigrafi antiche. Annunciato nella conferenza, il prossimo restauro della volta verso la bella ed elegante loggia catalana.
L’artista L’ingresso forse fu ideato da Leon Battista Alberti, nel 1465 ospite a Napoli