Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Parla (male) ‘e Napoli e poi muori
Prima la sputazzata, poi la minaccia. No, prima la minaccia, poi la sputazzata nel caffè. Sì, così sono andate le cose. Per tutto il tratto che va da piazza Trieste e Trento a via San Gregorio Armeno, Eduardo Bellavista, storica firma di uno dei quotidiani più autorevoli della città, fatica a mettere in ordine i pensieri. Troppo sconvolto per farlo. Le immagini, le parole di quanto appena accaduto, si accavallano senza sosta nella sua testa. Si dimentica di respirare e ogni tanto è costretto a riprendere fiato. Le gambe ancora gli tremano. Non perché abbia avuto paura, Eduardo ne ha viste di peggio nella sua lunga carriera di cronista, ma per la cocente sensazione di offesa che gli comprime il petto.
La sua amata città gli sembra estranea. Fa il giro lungo passando per via Roma. All’altezza di piazza Carità il cuore comincia a battergli più forte. Si spinge fino a piazza Dante e sbuca a Port’Alba. Nemmeno l’odore dei libri sulle bancarelle mischiato al profumo delle pizze a portafoglio riesce a fargli ritrovare il consueto passo leggero, l’aria beata, il sorriso lieve che da sempre accompagnano le sue passeggiate nella sua Napoli.
Era da quando aveva dodici anni che non gli sputavano addosso. Nel caffè poi, non gli era mai successo.
A piazza del Gesù si lava la faccia alla fontanella accanto al monastero di Santa Chiara. Lo sputo non lo ha colpito, ma si sente comunque sporco.
«Vuje nun site degno ‘e bere ‘stu café!».
Così gli ha detto quel tizio che si è avvicinato al tavolino accompagnato dalla sua signora e da un paio di amici loro.
«Dovete smetterla di parlare male di questa città, mo basta, ce simmo scassati ‘o cazzo! Se Napoli non vi piace, sarrà meglio per voi se ve ne andate».
Poi ha sputato nel caffè. «Stavota è na sputazzata, ‘a prossima sarrà na mazziata, e poi chissà!».
«Bravo!». Ha aggiunto la moglie. Le persone intorno non hanno mosso un dito. Anzi, hanno riso. Con soddisfazione.
Eduardo ha infilato la mano in tasca per pagare e andarsene, ma il
cameriere alle sue spalle ha urlato «Sta pagato, potete andare». Allontanandosi ha sentito ancora
ci avevo già sputato io dentro». Altre risate. Crasse.
«Ma che ho fatto di male?», si chiede Bellavista quasi ad alta voce appoggiandosi ad un muro all’altezza di piazza San Domenico Maggiore. Riprende a camminare barcollando. Qualche passo dopo si ricorda delle sfogliatelle.
«Una sfogliatella al giorno, leva la malinconia di torno». Da quando suo nipote ha compiuto tre anni, ogni sera sempre la stessa frase, la stessa guantiera con il fiocco azzurro. Questa sera però non ha cuore per tornare indietro alla pasticceria.
Davanti al tabernacolo di Maradona gli ripassano in mente gli ultimi articoli da lui scritti sul caso delle baby gang che da qualche mese imperversano a piazza Carità. Gli spintoni ai turisti, gli scippi, le impennate sui motorini, le offese alle
ragazze. In un altro articolo aveva denunciato le recenti stese a Forcella, con il ferimento di un’altra donna innocente affacciata al balcone di casa sua.
«Cosa ho fatto di male!», si chiede ancora Eduardo, questa volta ad alta voce e sciogliendosi il nodo della cravatta.
Qualche passante che lo vede sudato, bianco in viso, mentre parla da solo, lo prende per un matto e cambia lato della strada.
«Perché non capiscono? È proprio per il grande amore che porto a questa città che devo denunciarne i mali! Ma che sta succedendo ai napoletani da un poco di tempo a questa parte?» Eduardo non trova risposta alle domande che affollano i suoi pensieri.
Arriva a via San Gregorio Armeno. Si intenerisce di fronte ad una bancarella di pastori.
«Lo sputo, la minaccia, hai capito?», dice ad un Pulcinella. «Proprio nella tua città. Tu che sei l’emblema dell’antieroe irriverente, che da sempre denunci i potenti e deridi i forti. Tu, che sveli intrighi e trame dell’oppressore, che non hai mai girato la faccia dall’altra parte di fronte allo schifo che offende la tua città. Tu, che ci hai insegnato a smascherare il male con intelligenza, ironia e cazzimma!».
«Dottò, se non lo dovete comprare ‘o pastore, posatelo, che sennò si scassa!».
«Certo, scusatemi... Quanto costa?».
«Assai, ormai ne facciamo pochi pecché Pullicenella nun se lo accatta chiù nisciuno, qualche turista ogni tanto. Però per trenta euri vi posso dare ‘o pastore di Renzi, di Salvini, Berlusconi o Di Maio. Tutti e quattro ve li faccio cento euri, che dite?».
«E come ci sono finiti questi signori ‘ncoppa ‘o presepio?».
«Lo ha deciso la gente dottò, e il volere del popolo non si discute, mai!».