Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Manfredi: «Più risorse e meno burocrazia per le nostre Università»
Dopo la riconferma parla il numero uno dei rettori italiani «Ora facciamone una battaglia quotidiana, è un fatto etico»
«Averlo seguito come studente e come ricercatore: uno straordinario successo professionale. Averlo come grande amico: un grande privilegio. Complimentissimi caro Gaetano, la rielezione è già una rarità. L’unanimità nazionale rappresenta un enorme riconoscimento, davvero un unicum». È il saluto su facebook di Edoardo Cosenza (attuale presidente dell’ordine degli ingegneri) al due volte presidente della Conferenza dei rettori, Gaetano Manfredi. Confermato ieri, ancora una volta unico candidato: «Vuol dire che si sentono tutti rappresentati da me». Un onere, più che un onore, per il rettore federiciano, ingegnere per vera passione.
Che vuol dire rappresentare tutti gli atenei italiani? «Il sistema universitario — risponde tra un messaggio e l’altro, sul treno verso casa — è fatto di grandi e piccole università, pubbliche e non. Dobbiamo essere capaci di rappresentarle tutte, le tante differenze sono la nostra vera forza». Il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha detto: «Con il professor Manfredi condivido la visione rispetto alle sfide che ci attendono nei prossimi mesi. Dobbiamo favorire l’ingresso dei giovani nelle università e offrire loro opportunità concrete di fare ricerca. Sono inoltre convinto che snellire processi e burocrazia sia vitale affinché le università possano esprimere pienamente la propria autonomia e dedicare energie preziose al rilancio di programmi di eccellenza. Investire su istruzione e ricerca significa investire sul futuro». Il presidente Crui condivide, ma guai a parlargli dell’ennesima riforma dell’università. «Nuove riforme non vanno fatte — spiega Manfredi —, c’è la necessità di investimenti, e abbiamo bisogno che siano indirizzati per creare opportunità per i giovani. Gli atenei devono poter aprire i propri portoni. Con questa politica dei tagli abbiamo perso tantissimi, troppi ricercatori, alimentando le università di mezzo mondo, questa grande potenzialità deve trovare spazio in Italia anche facendoli rientrare».
L’annosa questione dei cervelli in fuga o mai venuti in Italia. Come si fa ad attrarli? «Esistono due fattori fondamentali. La sburocratizzazio- ne: c’è troppa burocrazia soprattutto per chi viene dall’estero, troppe carte e tempi biblici, non si può fare niente, la velocità è il primo fattore di competitività. E poi c’è il tema delle risorse, devi avere soldi altrimenti non si può fare ricerca».
Senza paura di smentite quello di Gaetano Manfredi è un caso di meritocrazia vero, nessun parente o amico a trainarlo. Ma la mancanza di meritocrazia esiste ancora o no? «Credo che l’università sia prevalentemente meritocratica, ma è un principio che va difeso ogni giorno con i denti — prosegue il rettore —. Bisogna sempre essere molto vigili, trasparenti. Un’università competitiva è basata sul merito e la mia esperienza è questa. Tutti devono poter avere le opportunità che ho avuto io. In Italia è una battaglia quotidiana, va fatta. Anche perché è un fatto anche etico e culturale». E il Manfredi politico cosa ne pensa dell’attuale governo? «Parlo col ministro, c’è un dialogo aperto, mi auguro che seguano risultati concreti. Il tema della formazione è il tema del Paese non di una parte politica. Una questione del futuro di tutti noi».
Nel suo discorso di insediamento bis, inutile, girarci intorno, il perno sono sempre e comunque le risorse. «Dopo anni di tagli terribili l’ammontare complessivo dell’Ffo (fondo di finanziamento ordinario) si è stabilizzato con incrementi legati a programmi specifici, ma il livello di sottofinanziamento del sistema universitario mette ancora in discussione la sua stessa esistenza. E questo nonostante gli indicatori internazionali della ricerca e della qualità dei nostri laureati testimonino che l’università agisce oramai in un contesto pienamente efficiente e meritocratico. Ma senza investimenti la distanza con gli altri paesi aumenterà inesorabilmente». Aprire i portoni: «Nonostante sia finalmente arrivato al 100 per cento, la prolungata limitazione del turn-over impedisce a molti atenei di realizzare il necessario ricambio generazionale, dando opportunità ai giovani, e di mettere in pratica necessarie politiche di sviluppo. Inoltre, la burocratizzazione dei processi, spesso fine a se stessa, mortifica l’autonomia e sottrae energie preziose a un personale docente e tecnico-amministrativo decimato nel numero e infiacchito nelle motivazioni. È indispensabile e non più rinviabile rilanciare l’ingresso dei giovani e semplificare le procedure amministrative». Appena eletto ha aperto la conferenza internazionale «A ottant’anni dalle leggi razziali fasciste: tendenze e sviluppi della storiografia internazionale sull’antisemitismo e sulla shoah». Una sorta di manifesto politico: «Le leggi razziali sono state una profonda ferita per il mondo accademico italiano perché tradirono la missione autentica delle università che è quella di tutelare tutte le culture. L’Università esiste da mille anni proprio perché ha saputo sempre essere il luogo dello scambio culturale e del rispetto. E deve continuare a essere quel luogo assicurando protezione a tutte le culture, le diverse religioni e le diverse opinioni».
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La ricetta
Non servono nuove riforme, occorrono investimenti per trattenere i ricercatori