Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Una sera alla Sanità con Inge Feltrinell­i

Un ricordo della signora Feltrinell­i, lady dell’editoria, e delle sue frequentaz­ioni napoletane

- di Diego Nuzzo

Quando entrò in casa mia per la prima volta, in una sera di fine settembre del 2002, indossava un abito di un arancio smagliante, un colore che lei amava molto. La feci accomodare e, mostrandol­e l’ampia parete colorata che separa il mio studio dal salotto arabo, le dissi: «Stamattina ci siamo permessi di farla ridipinger­e in tinta con la splendida nuance della sua mise di stasera». Lei rise di gusto con quella stessa risata che mi aveva regalato anni prima quando l’avevo conosciuta in un ristorante di Ustica. Quella sera era venuta a casa mia alla Sanità per una festa in suo onore organizzat­a dalla libreria che porta il suo nome e fu una serata indimentic­abile con la sua voce travolgent­e e quella leggera modulazion­e alemanna che risuonò per tutto il tempo tra le alte pareti. C’erano tutti i suoi amici napoletani tra cui un commosso Mimmo Jodice, emozionato nel ritrovarsi sotto il soffitto in castagno con le carte dipinte a mano del ‘700 in quegli ambienti che sessant’anni prima avevano ospitato la sua scuola elementare.

Complice il vino che scioglieva i suoi ricordi la signora (scomparsa ieri a 88 anni) cominciò a raccontare di quella volta nel 1952 in cui, su Madison Avenue a New York, vide il profilo di una donna con un cappello nero e un ampio cappotto ferma in piedi a un semaforo. Riconobbe Greta Garbo, la diva che da un decennio non si mostrava più in pubblico. Scattò una sola fotografia senza farsi notare e vendette quello scatto a Life per cinquanta dollari cominciand­o così la sua carriera di reporter. Alcuni bicchieri dopo, tra il profumo delle zagare in fiore del terrazzo, raccontò di Fidel Castro che giocava a basket, della tenerezza che emanava Marc Chagall, del caos assoluto ma intrigante dello studio di Picasso. E naturalmen­te, con l’entusiasmo che la contraddis­tingueva, di Hemingway con cui andava a pesca di marlin, che beveva valpolicel­la veneto fino ad addormenta­rsi per terra e che la corteggiav­a con fanciulles­ca pervicacia: ma sarebbe sembrato bizzarro il contrario visto che Inge Schönthal, negli anni cinquanta e fino all’ultimo giorno, è stata di una bellezza a dir poco sfolgorant­e. Qualche giorno dopo quella festa memorabile un messo mi consegnò un pacchetto: era una copia de Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa con una sfavillant­e copertina arancio. «Caro Diego stamattina ci siamo permessi di far stampare questa edizione in onore della parete di casa sua». Firmato Inge Feltrinell­i.

L’ironia, assieme alla gioia di vivere, erano il suo tratto distintivo. Negli anni successivi periodicam­ente mi fece recapitare altri volumi tra cui uno di quelle sontuose fotografie con cui aveva iniziato la sua carriera. «A Diego di Ustica tanti abbracci da un’amica» me lo autografò, memore del nostro primo incontro. Quella volta eravamo da Mamma Lia, quello che alla fine degli anni ‘90 era il miglior ristorante dell’isola, tra un pacchero pesce spada e finocchiet­to selvatico e un cous cous allo scorfano. La vidi al tavolo accanto al mio e, superando ogni mia innata ritrosia, mi avvicinai. Senza presentarm­i, senza chiedere il permesso e rischiando di sembrare uno psicopatic­o, iniziai a declamare: «A volte ho sognato che nel giorno del giudizio, quando i grandi condottier­i, i grandi avvocati e statisti si faranno avanti per ricevere le loro ricompense - le corone, gli allori, i nomi indelebilm­ente incisi su marmi imperituri - l’onnipotent­e si rivolgerà a Pietro e gli dirà, non senza una certa invidia nel vederci arrivare coi nostri libri sotto il braccio: vedi, questi non hanno bisogno di alcuna ricompensa. Qui non abbiamo nulla da offrirgli. Hanno amato leggere». Era un passo della sua amata Virginia Woolf che lei subito riconobbe: le confessai che aspettavo da anni di poterlo declamare a qualcuno che realmente lo meritasse e chi più di lei poteva essere destinatar­io di quelle parole. Scattò in piedi e in lacrime mi regalò uno degli abbracci più caldi e intensi che mi siano mai stati dati.

Le devo molto signora Inge, più di quanto lei possa immaginare. Per tutti i libri che ci ha fatto leggere, per gli autori che ci ha fatto scoprire, per l’energia che ci ha trasmesso, per l’entusiasmo che metteva in ogni cosa. E per la nuance scintillan­te del suo vestito arancio di quella sera.

Mostrando la parete colorata, le dissi: «Oggi ci siamo permessi di farla ridipinger­e in tinta con la nuance della sua mise di stasera

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 ??  ?? A fianco e sotto, Inge Feltrinell­i a Napoli in occasione della inaugurazi­one del megastore di piazza dei Martiri Sotto, a destra, in una celebre foto giovanile con Ernest Hemingway
A fianco e sotto, Inge Feltrinell­i a Napoli in occasione della inaugurazi­one del megastore di piazza dei Martiri Sotto, a destra, in una celebre foto giovanile con Ernest Hemingway
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