Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Walead Beshty, l’autore che «distrugge» le sue opere
Da Los Angeles alla Thomas Dane di Napoli: spedisce i suoi lavori senza protezione
Artista di punta della scuderia di Thomas Dane, arriva a Napoli Walead Beshty. C’era già stato, quasi un anno fa, quando la sede partenopea della celebre galleria inglese festeggiò l’apertura in via Crispi. Un iniziale giro perlustrativo e l’impegno a ritornare con una mostra ad hoc.
Così Beshty (londinese di stanza a Los Angeles) che è anche scrittore e curatore e che ha lavori inclusi nelle più prestigiose collezioni permanenti del mondo (Art Institute of Chicago, Guggenheim Museum, MoMa e Tate gallery, per esempio) sabato, alle 19, nella gallery al piano nobile di Casa Ruffo, inaugurerà «Aggregato», la sua prima personale italiana. Il titolo dice molto. Allude a un lavoro complesso fatto di contributi molteplici, differenti. L’insieme di quanti hanno partecipato alla realizzazione della mostra, per esempio. Uno per uno, nome e cognome, i collaboratori compaiono, a grandi lettere, sotto il titolo della mostra. Beshty ci tiene molto. Indicherà più volte nel corso della visita, l’importanza del lavoro collettivo, del concetto di team, del fare insieme che da il senso all’opera d’arte. Ne sono prova le grandi «maquette» di rame, appoggiate sul pavimento, «sporche» delle impronte di chi le maneggiate, spostate, installate. Perché è proprio quel processo in divenire che si avvantaggia di contributi successivi e imprevisti a rendere l’opera unica. Ce l’aveva già mostrato con «Fedex Boxes», le scatole in cui Beshty spedisce le sue sculture. Importanti al pari dei pezzi contenuti (cubi di vetro creati per riempire perfettamente i pacchi FedEx) l’artista le spedisce senza la minima protezione. Così il vetro, fragile per natura, arriva a destinazione rotto, scheggiato, segnato dal viaggio. Ed è proprio così che lo vediamo in mostra.
Sovvertendo le forme d’arte tradizionali il lavoro di Beshty procede attraverso l’appropriazione e la giustapposizione di tracce. Seguendo la direzione dell’accumulo le sue opere sono il risultato dell’intreccio tra l’atto di produzione e la ricezione finale dell’opera. Come i sette volumi di «Prologue», tratti dall’opera commissionata per The Curve presso il Barbican Centre di Londra, ed esposti per la prima volta a Napoli, che documentano ognuno dei quasi 10.000 cinotipi e fotogrammi realizzati per l’esposizione. Raffigurano tutti gli oggetti presenti nello studio dell’artista, per realizzare un archivio dello spazio di lavoro di Beshty e un’indicizzazione e riproduzione di tutti gli strumenti e artefatti impiegati per le sue creazioni. O, ancora, come la grande scultura di ceramica che troneggia davanti alla vetrata panoramica. Realizzata in Mexico con l’impiego di sottoprodotti di scarto, l’opera, parzialmente danneggiata, ha avuto bisogno della cura degli artigiani ceramisti dell’istituto Caselli. Per quel tocco partenopeo in più. In aggregato.