Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La Ue: aiuti di Stato ai privati Sotto accusa la Port Authority
L’indagine risale al 2016: i 44 milioni concessi per riqualificare i bacini di carenaggio Irritato il presidente Spirito. Salvatori, numero uno di Camed: «Mai avuto un euro»
NAPOLI Il porto di Napoli da un lato è virtuoso, cercando in tutti i modi di riscuotere i canoni di concessione dei morosi, dall’altro però viola le regole sugli aiuti di Stato dell’Unione europea, fornendo indebiti vantaggi ai privati. Lo ha stabilito la Commissione europea, concludendo un’indagine iniziata a giugno 2016. Sono due le questioni su cui si è espressa: i finanziamenti per la ristrutturazione dei bacini di carenaggio, dichiarati illeciti per come sono stati utilizzati, e presunti favori ai concessionari morosi, violazione non riscontrata.
Tra il 2001 e il 2014 l’allora Autorità portuale di Napoli (oggi Autorità di sistema portuale del Tirreno centrale) ha ottenuto finanziamenti per circa 44 milioni di euro per riqualificare i bacini di carenaggio 1, 2 e 3, in concessione a Cantieri del Mediterraneo (Camed), e alla banchina 33/B (Cesario Console). Fin qui nessun problema.
Le violazioni alle norme sugli aiuti di Stato, secondo la Commissione Ue, scattano nel momento in cui, da un lato, Camed ha beneficiato indirettamente di finanziamenti pubblici su opere appaltate per trent’anni senza gara, dall’altro quando l’autorità portuale campana «ha beneficiato di sovvenzioni statali senza costi di finanziamento», riscuotendo canoni «sulla base di parametri fissi che non riflettono l’aumento del valore economico».
Pietro Spirito, presidente dell’Autorità di sistema portuale del Tirreno centrale, si limita a commentare una decisione della Commissione europea che rappresenta «un disallineamento tra comunica-zione e sostanza visto che il dispositivo della decisione sarà reso pubblico solo nei prossimi giorni». Per Luigi Salvatori, presidente di Camed, «semplicemente non entriamo nel procedimento, Cantieri del Mediterraneo non è stata beneficiaria nemmeno di 50 centesimi. Tra l’altro, dei tre bacini, i numeri 1 e 2 sono bloccati da anni e non possiamo riqualificarli proprio perché non sono bacini privati. Paghiamo una concessione trentennale per bacini che non possiamo usare».
Andando ad analizzare nel dettaglio i circa 44 milioni, si tratta di 12,8 milioni nel 2001 e 2002 per l’ammodernamento del bacino 3; 20,4 milioni tra il 2001 e il 2004 per il risanamento del bacino 2 e l’adeguamento del bacino 1; 10,8 milioni nel 2014 per il consolidamento dell’ormeggio Cesario Console (33/b).
Il secondo caso esaminato dalla Commissione Ue riguarda diverse denunce che accusano l’Autorità portuale di favorire sette concessionari (riparatori, terminalisti e società di trasporto) ritardando la riscossione dei canoni. Al contrario, qui l’authority è stata virtuosa, adottando diverse misure per riscuotere le tasse: interessi, rateizzazioni concordate e risoluzione dei contratti. Di questi sette concessionari, quattro hanno estinto i loro debiti e tre «hanno rispettato la riprogrammazione del debito». L’Autorità portuale di Napoli ha quindi agito come «un creditore diligente, massimizzando le riscossioni, quindi le presunte misure non comportano aiuto di Stato».
Queste sentenze della Commissione Ue riflettono lo storico conflitto di sovranità tra Unione europea e Stati membri. In questo caso, secondo Bruxelles i porti vanno trattati alla stregua di entità private, devono pagare le tasse e non favorire gli operatori, come ha stabilito la Dg Competition della Commissione Ue ad aprile. Un «grave errore interpretativo» per Assoporti, visto che in Italia i porti sono enti pubblicinon economici. «Potrebbero configurarsi come aiuti di Stato, quindi, tutti i miliardi di euro di trasferimenti effettuati negli anni dallo Stato italiano a tutte le Autorità portuali del Paese», conclude Salvatori.