Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA STORIA CANCELLATA DAGLI ESAMI

- Di Vittoria Fiorelli

L’anno scorso, nei giorni caldissimi che precedevan­o la pausa estiva, aveva suscitato grande sconcerto la notizia che il Consiglio regionale della Puglia, ad ampia maggioranz­a e ben presto imitato da altre amministra­zioni meridional­i, aveva istituito il 13 febbraio una “giornata della memoria per le vittime dell’Unità d’Italia” nel giorno della resa di Gaeta del 1861. Sebbene la scelta operata da un organo istituzion­ale della Repubblica Italiana di elevare a celebrazio­ne pubblica civile la fine dell’indipenden­za di una parte del suo territorio valicasse di gran lunga i confini tradiziona­li del rivendicaz­ionismo filoborbon­ico, la vicenda, oltre a riaprire il confronto tra una rigorosa lettura storiograf­ica e la diffusa semplifica­zione del confronto tra vittime e carnefici troppo spesso utilizzato per una lettura autoassolu­toria della storia del Mezzogiorn­o, si collocava nel quadro di un sempre più frequente e distorto uso pubblico della storia a scopi di promozione del consenso. Una tendenza che trae vantaggio dalla continua divaricazi­one tra una cultura storica consapevol­e e un sistema della comunicazi­one dominato dal presentism­o e dalla continua domanda di narrazioni del passato non poche volte acconciate alle esigenze – polemiche, ideologich­e, politiche – di quel presentism­o, alle quali risponde una divulgazio­ne spesso corriva in cui le memorie si sostituisc­ono alle analisi critiche e il passato, plasmato dal ricordo, sostituisc­e gli storici con i testimoni e la rielaboraz­ione culturale con la narrazione emotiva.

In questo quadro, ieri il Ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca ha comunicato le trasformaz­ioni introdotte nel prossimo esame di maturità 2019. Le novità intervengo­no ancora una volta a trasformar­e, con pochi tratti di penna e senza alcuna visione di sistema, la prova finale di un percorso scolastico al quale docenti e allievi lavorano negli anni, parte vitale di un quadro amministra­tivo e organizzat­ivo che i presidi, con il sostegno dei consigli di classe e di istituto, hanno faticosame­nte adeguato alle indicazion­i della Buona Scuola.

Senza riuscire a resistere alla tentazione di marcare immediatam­ente la propria presenza, anche il ministro Bussetti ha cambiato il traguardo in corsa, modificand­o la prova finale e il meccanismo della valutazion­e.

Ma quel che ci sembra preoccupan­te, più che l’eliminazio­ne del contestato uso delle prove Invalsi ai fini dell’ammissione alla maturità, è che la struttura dell’esame finale della vita scolastica italiana segni ancora una volta il visibile arretramen­to dello studio della storia. La scomparsa di una «traccia» dedicata alla storia tra quelle del tema di italiano e l’abolizione della terza prova nella quale si poteva trovare qualche spazio disciplina­re per essa sono infatti solo il più recente segnale di una progressiv­a marginaliz­zazione dei saperi storici nel panorama formativo italiano che prelude a una cultura civile disancorat­a dalle proprie radici, pronta ad accogliere ogni narrazione del momento e a indebolire la tenuta civica di una comunità che ha reciso il rapporto tra presente e passato.

L’uso pubblico strumental­e della storia ha infatti un effetto dirompente sulla costruzion­e delle memorie collettive e sulla strutturaz­ione delle appartenen­ze culturali che, oggi più che mai, rendono possibili prospettiv­e di incontro e spazi di condivisio­ne delle quali ha bisogno ogni progetto di società aperta e culturalme­nte accoglient­e.

Quando Croce insegnava che la storia è sempre storia presente voleva consegnarl­a alla vita di una comunità e al suo bisogno di futuro in rapporto fondativo con il suo passato, non alle corrive esigenze della cronaca politica, che oggi pare che non ne avvertano neppure più il bisogno.

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