Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Un impero creato con i soldi del boss» Condannati i tre fratelli Ragosta

Confiscati hotel, società immobiliar­i e aziende. Il pm: «Erano partner economici del clan»

- Titti Beneduce

NAPOLI Si è concluso con pesanti condanne e una confisca di centinaia di milioni di euro il processo di primo grado ai fratelli Francesco, Fedele e Giovanni Ragosta, originari di San Giuseppe Vesuviano, arrestati nel 2012 con l’accusa di avere creato un impero economico investendo denaro del clan Fabbrocino. Il Tribunale di Nola (presidente Silvana Gentile, a latere Raffaella de Majo e Simona Capasso) ha inflitto 15 anni a Francesco e 14 a Fedele e Giovanni; tutti e tre sono stati ritenuti responsabi­li di concorso esterno in associazio­ne camorristi­ca e riciclaggi­o, il primo anche di bancarotta. Condannate anche le loro mogli, Concetta Adiletta (riciclaggi­o e bancarotta, sette anni), Anna Maria Iovino e Carmela Vanacore (riciclaggi­o, sei anni).

I giudici, dunque, hanno riconosciu­to la validità dell’impianto accusatori­o illustrato in aula dal pm Gianfranco Scarfò, titolare del fascicolo assieme alla collega Ida Teresi. Secondo questa prospettaz­ione, l’enorme patrimonio accumulato in pochi anni dai fratelli Ragosta (alberghi di lusso, aziende alimentari e siderurgic­he, società immobiliar­i) ha origini illecite: nasce, cioè, dal fiume di denaro che affluiva nelle casse del clan camorristi­co capeggiato dal boss Mario Fabbrocino, a sua volta originario di San Giuseppe Vesuviano. I Ragosta, in particolar­e, secondo il capo di imputazion­e per il quale sono stati condannati, «ricevevano i proventi delle attività criminali del clan nella consapevol­ezza della loro origine delittuosa e stabilment­e provvedeva­no a reinvestir­li in attività illecite (traffico illegale di rifiuti) e lecite per conto del sodalizio di cui erano diventati stabili partner economici, fornendo un rilevante contributo al raggiungim­ento delle finalità dell’ente mafioso». E hanno avuto, secondo i giudici, gioco facile, dal momento che «strumental­izzavano le risorse umane mafiose per l’acquisizio­ne, eliminando la concorrenz­a, di complessi aziendali di prestigio e di ingente valore economico, contribuen­do alla realizzazi­one di un esteso monopolio nel commercio di materiali e rifiuti ferrosi».

La somma messa a disposizio­ne dei fratelli Ragosta dal clan Fabbrocino ammonta, secondo i calcoli dell’accusa, ad almeno 100 milioni di euro, almeno dal 1999 al 2011. Si tratta di «ingenti capitali derivanti dalle attività delittuose sistematic­amente esercitate (estorsioni in danno di imprese affidatari­e di pubblici e privati appalti e di esercenti attività commercial­i, traffico di sostanze stupefacen­ti, truffe ai danni della Cee, usura ed altro». Con quel denaro, secondo la ricostruzi­one accusatori­a, furono acquistate aziende note a livello nazionale, soprattutt­o nel settore dolciario, poi rivendute dagli amministra­tori giudiziari durante il processo.

Gli avvocati del collegio difensivo attendono ora le motivazion­i della sentenza per preparare il ricorso in appello; sentenza che l’avvocato Marco Campora, difensore di Anna Maria Iovino, definisce «inattesa».

Il verdetto dei giudici arriva a sei anni dagli arresti, che suscitaron­o un grande clamore non solo in città. Era il marzo del 2012 quando il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza notificò provvedime­nti restrittiv­i più o meno afflittivi (dal carcere al divieto di dimora a Napoli) a 60 persone, tra cui giudici tributari, commercial­isti, docenti universita­ri. Persone spesso molto conosciute e stimate, accusate di avere in qualche modo aiutato i fratelli Francesco, Giovanni e Fedele Ragosta nella costruzion­e del loro impero economico illegale. Alcuni filoni del procedimen­to, tra cui quello dei giudici tributari, finirono, per competenza territoria­le, agli uffici giudiziari di Roma.

L’inchiesta

La cosca Fabbrocino avrebbe messo a loro disposizio­ne 100 milioni Coinvolte anche le mogli

 ??  ?? La sentenzaIl Tribunale di Nola (presidente Silvana Gentile, a latere Raffaella de Majo e Simona Capasso) ha inflitto 15 anni a Francesco e 14 a Fedele e Giovanni; tutti e tre sono stati ritenuti responsabi­li di concorso esterno in associazio­ne camorristi­ca e riciclaggi­o, il primo anche di bancarotta
La sentenzaIl Tribunale di Nola (presidente Silvana Gentile, a latere Raffaella de Majo e Simona Capasso) ha inflitto 15 anni a Francesco e 14 a Fedele e Giovanni; tutti e tre sono stati ritenuti responsabi­li di concorso esterno in associazio­ne camorristi­ca e riciclaggi­o, il primo anche di bancarotta
 ??  ?? Imprendito­re Fedele Ragosta
Imprendito­re Fedele Ragosta

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy