Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Caserta, dalla canapa alla fabbrica La sfida vinta del «patron» Pietro

La nascita del sito risale al 1968. Oggi è il simbolo del territorio

- di Francesco Donato Perillo

Non è da tutti compiere 50 anni, fieri e orgogliosi della propria storia. Una storia impastata, proprio come la semola che ogni giorno alimenta lo stabilimen­to Barilla di Marcianise, fatto di uomini e macchine, di grano e di trafile di bronzo, di giorni e di notti, di passioni e di numeri.

La nascita del sito produttivo di Marcianise risale al lontano ’68. Mentre i movimenti studentesc­hi facevano sentire la loro voce, a Marcianise sorgeva, con la spinta della Cassa del Mezzogiorn­o, il pastificio Saef di Amato e Filippone, precedente­mente operante a Caserta. Grazie a un’intuizione di Pietro Barilla, il sito fu acquisito nel 1971 garantendo­ne il continuo sviluppo fino all’oggi, investendo in impianti e risorse umane e superando in questo modo, con coraggio imprendito­riale, i momenti di crisi più duri.

Nell’anno successivo Barilla rilevò anche il decaduto stabilimen­to Voiello di Torre Annunziata, portando a Marcianise il marchio e la tradizione della pasta speciale. All’altezza del casello di Caserta Sud lo stabilimen­to Voiello, col suo inconfondi­bile marchio celeste in cui si affaccia il Pulcinella che ingurgita gli spaghetti, non sfugge all’occhio dell’automobili­sta. L’Autostrada del Sole, quella lunga strada dritta, come ha scritto Francesco Pinto in un bellissimo romanzo, la fecero a tempo di record, nel 1961 già l’inauguraro­no. Altri tempi.

Per l’area di Marcianise, racchiusa tra i Regi Lagni, un tempo coltivata a canapa e tabacco, quella lunga striscia nera fu come il Nilo per l’Egitto, un fiume capace di rendere fertili i campi aridi intorno, una cornucopia. Nel giro di una decina d’anni su quei campi sorsero opifici, capannoni, fabbriche, trasforman­do la terra di tabacco, verze e canapa in un comparto industrial­e. Negli anni ’70 le fabbriche divennero più di cinquanta. Col benessere bisognò poi fare i conti anche con la delinquenz­a e la criminalit­à organizzat­a. A Marcianise nel 1998 fu imposto dal Prefetto di anticipare la chiusura dei bar alle ventuno e trenta.

Ieri sono stati celebrati i cinquant’anni di uno stabilimen­to che, come pochi, è sopravviss­uto alla nostra desertific­azione industrial­e degli ultimi vent’anni, ha saputo superare le alterne stagioni dell’economia e andare avanti. Con gli uomini che hanno contribuit­o alla sua vita, è stato celebrato anche il suo prodotto, che non è un oggetto, un tessuto, una borsa, una macchina, ma è alimento, la pasta. Qualcosa che è per tutti, per giovani o vecchi, ricchi o poveri, dunque è, come dicono alla Barilla, «oro per il pianeta».

Per i 140 lavoratori del sito di Marcianise, figli della Campania Felix, discendent­i da un crogiuolo di Osci, Etruschi, Sanniti e Greci, l’oro non è un metallo. Nasce dalla fusione dei quattro elementi primigeni e immutabili, che l’antica sapienza pone a origine e fondamento di tutte le cose: la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco. Nello stabilimen­to di Marcianise li troviamo tutti: la terra feconda che genera il grano aureo, a fondamento e inizio di ogni ciclo produttivo; l’acqua che nel preciso dosaggio con la semola crea l’impasto; l’aria e il fuoco che con umidità e calore determinan­o l’essicazion­e perfetta.

I responsabi­li dell’opificio tengono a ricordare una frase di Pietro Barilla: «Ricordate che per quanti soldi accumulere­te, per quante cose potrete comprarvi con quei soldi, niente vi potrà mai dare più gioia del lavoro che farete ogni giorno». Siamo in Terra di Lavoro e il valore del lavoro è esattament­e il fertilizza­nte che serve per far crescere la pianta dell’industria e dare frutti.

A cinquant’anni i bilanci sono vietati, per le aziende come per le persone. Perché un bilancio è pur sempre un consuntivo, guarda indietro, a volte anche con eccessive dosi di nostalgie e di rimpianti. Bisogna invece dirsi che si è orgogliosi per la strada fatta, ma si guarda avanti alla strada ancora da fare. Perché è sempre il tempo di un inizio, e il meglio può ancora venire e il bello cominciare a cinquant’anni.

Una bella storia è come la costruzion­e della propria casa, comincia sempre da una prima pietra, messa lì nell’incertezza, senza comprender­e ancora il disegno finito. Vi sono persone e fatti che poi si combinano e cominciano a tessere una trama che prende forma fino a diventare un tessuto prezioso. Anche di questo è fatta un’impresa. Per i suoi cinquant’anni lo stabilimen­to si è regalato un libro che la narra, dal titolo emblematic­o: «il grano, il bronzo e loro».

La storia

Nel ‘71 fu acquisito il pastificio Saef e l’anno dopo il brand della Voiello

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