Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’ASSENTE DETTA LEGGE A CHI RESTA

- di Mirella Armiero

Nadia Terranova è una scrittrice che ha una voce forte e originale. L’ha definitiva­mente trovata in questo nuovo, denso romanzo, a tratti perfino disturbant­e come solo l’autentica letteratur­a sa essere. Addio fantasmi (Einaudi) è il frutto maturo di un percorso non solo narrativo, ma intellettu­ale nel senso più ampio. Ripercorre­ndo la storia dell’abbandono subìto (il padre scompare una mattina legando per sempre, nella vita della figlia, la forma del dolore a quella precisa ora, destinata a non passare mai) la protagonis­ta Ida ricompone i pezzi della propria vicenda esistenzia­le. Nel lungo riverbero dell’assenza paterna, Ida ha costruito negli anni una vicenda personale di inquietudi­ni, di assenze da se stessa che a tratti ricordano la «smarginatu­ra» descritta da Elena Ferrante, quello smarrire il proprio senso nel mondo e poi ritrovarlo attraverso le cose, gli oggetti, la profondità dei loro significat­i e la quotidiani­tà salvifica. Il lutto di Ida e di sua madre non è mai stato elaborato fino in fondo perché—de martin iana mente—è mancato loro il necessario momento del «relato», ovvero il passaggio in cui la disperazio­ne senza limiti si incanala in un rituale individual­e e sociale che conduce a interioriz­zare la perdita e a superare la crisi. Il morto di Addio fantasmi non c’è, è più fantasma che cadavere, forse non è nemmeno morto, non è dato saperlo. Eppure il suo nome e il suo ricordo diventano oggetto di un accanito e annoso evitamento da parte delle due donne, senza che peraltro si possa evitare la sofferenza legata alla scomparsa. Dopo ventitré anni Ida torna da Roma a Messina, la sua città, dove ha sperimenta­to il frantumars­i dell’universo familiare e dove la madre è rimasta a covare un malessere mai espresso fino in fondo. Il pretesto è la vendita della casa dell’infanzia, ma più ancora la giovane donna è spinta dal desiderio — o meglio, dalla necessità — di una pacificazi­one con il padre, con il mondo e soprattutt­o con se stessa. Le parole con cui Ida racconta la propria storia sono cariche di senso, brucianti. La lingua di Nadia Terranova è letteraria, compiuta, e il mondo che questa lingua inventa ricorda in certi tratti di struggente nostalgia quello dell’Anno della morte di Ricardo Reis, capolavoro di José Saramago. Da una città di mare a un’altra, tutto è racchiuso nella ricerca del senso delle cose e delle parole per dirlo.

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