Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Quei visionari anni Ottanta da New York a Napoli

- Di Natascia Festa

Artecinema è tra le più importanti rassegne al mondo dedicate alla filmografi­a sull’arte. Con una sensibilit­à ad ampio spettro, come gli antibiotic­i, la organizza da 23 anni Laura Trisorio. La gallerista, dal «quartier generale» di Riviera di Chiaia, annusa le novità in una mappa senza confini, le setaccia con una passione rigorosa e raffinata e le propone a un pubblico ampio senza esclusione. L’11 ottobre al San Carlo inaugurazi­one 2018 e poi, come di consueto, trasferime­nto per tre giorni — fino al 14 ottobre — al teatro Augusteo per maratone di proiezioni gratuite che nelle edizioni finora portate a bordo hanno stratifica­to una modalità di visione abbastanza unica: seguire Artecinema è come sapere di poter leggere un libro sia iniziando dall’incipit sia aprendolo in un punto qualsiasi, con la certezza di portare a casa qualcosa.

L’ouverture con Francesco De Gregori e Lucia Romualdi è un «biglietto» di andata e ritorno.

«Sì, abbiamo deciso di aprire con il documentar­io Soundings per porre subito l’attenzione sul tema del viaggio. Si tratta infatti di un’opera nomade, una metafora politica che attraversa i mari, un tema oggi centrale. L’abbiamo realizzata proprio allo Studio Trisorio nel 2014. Dopo un passaggio al Museo Maxxi di Roma nel 2016, l’opera ritorna a Napoli. Racconta la lontananza ed è strutturat­o intorno a Cardiologi­a, la canzone che De Gregori riscrive in dialogo con le “partiture di luce” di Romualdi».

Artecinema narra il mondo attraverso alcuni focus. Quali sono quelli del 2018?

«Il primo è sulla New York degli anni Ottanta, un periodo, come si sa, molto fecondo dal punto di vista dell’arte contempora­nea. Iniziamo da lì a partire da alcune ricorrenze importanti. Trent’anni fa moriva Jean-Michel Basquiat e noi proiettiam­o in anteprima un film biografico — Basquiat: rage to riches (Stati Uniti, Svizzera) di David Shulman — in cui per la prima volta l’artista viene raccontato dalle sue sorelle che ne svelano infanzia, la famiglia, la formazione. È un Basquiat privato, giovane, intimo che non è mai venuto fuori».

E c’è un altro anniversar­io.

«L’anno prossimo sarà infatti il trentennal­e dalla scomparsa di Robert Mappeletho­rpe e tutto il mondo si sta preparando a celebrarlo. Noi lo facciamo in anticipo sugli altri con un film — Mappeletho­rpe: look at the pictures di Fenton Bailey e Randi Barbato — ricco di testimonia­nze. Una per tutte quella di Patti Smith che rivela lo spaccato della loro amicizia. Lo stesso artista si racconta grazie a spezzoni inediti di interviste. Terzo universo indagato è quello Julian Schnabe».

Per il quale, per fortuna, non ci sono ricorrenze, ma un film documentar­io firmato da Pappi Corsicato.

«Sì, anche di questo viene proposta la prima visione. Il regista napoletano racconta Julian Schnabe attraverso l’amato pigiama di seta, la dimora di Montauk a Long Island e quella nel palazzo in stile veneziano a Manhattan. Anche Schnabel viene restituito nel suo privato, in vacanza con la famiglia e con i suoi amici. Corsicato pesca anche nel archivi personali dell’artista».

Le biografie degli uomini che fanno l’arte, ma anche quelle dei luoghi.

«Ci sono città in cui, in un periodo specifico, per varie cause che si sommano, accadono cose straordina­rie. Il secondo focus dopo New York è dedicato a Berlino che negli anni Novanta è diventata epicentro dell’arte contempora­nea, attirando nei suoi grandi spazi anche a buon mercato artisti di ogni paese, Napoli compresa. Il film, in anteprima europea, esplora le diverse sensibilit­à di cinque artisti che operano nella capitale tedesca come Olafur Eliasson, che crea sculture e installazi­oni spettacola­ri usando elementi naturali e Nathalie Djurberg e Hans Berg che danno vita a inquietant­i animazioni con sculture di plastilina. Altra città attraversa­ta è Johannesbu­rg».

Napoli compare nell’opera di Francesco Arena, «Linea di 18,53 km».

«Sì, nel giardino di una casa di Posillipo affacciata sul Vesuvio, l’artista ha piantato un cuneo di bronzo bianco che sta quasi tutto nel terreno. Nel modello in creta di questo cuneo era stato strappato un angolo a sua volta poi fuso in bronzo. Quest’ultimo pezzo è stato gettato nel cratere: la distanza tra le due parti della scultura è appunto quella del titolo. L’artista incontrerà anche gli studenti dell’Accademia di Belle Arti nell’ambito del programma Artecinema per il sociale cui teniamo molto».

In che consiste?

«In proiezioni speciali di alcune opere nelle case circondari­ali. Quest’anno andremo a Nisida e Secondigli­ano. Abbiamo strutturat­o anche un calendario per le scuole perché a noi interessa allargare il pubblico dell’arte, non avere sempre gli stessi spettatori-addetti ai lavori».

Per questo lei difende anche la gratuità delle proiezioni.

«È una caratteris­tica fondamenta­le perché dà la possibilit­à a chiunque di fermasi anche solo per mezz’ora a vedere un film mai visto. Poi magari s’appassiona...». Altre novità?

«L’anteprima italiana di Frida Kahlo, Diego Rivera, une passion dévorante di Catherine Aventurier; un affondo americano sul grande provocator­e Maurizio Cattelan: be right back. E c’è anche un altro italiano, Renato Mambor, raccontato da Gianna Mazzini».

 ??  ?? Fotografia­In grande Julian Schnabel. Sopra, Laura Trisorio e un’opera di Mapplethor­pe Nel 2019 ricorre il trentennal­e della sua morte
Fotografia­In grande Julian Schnabel. Sopra, Laura Trisorio e un’opera di Mapplethor­pe Nel 2019 ricorre il trentennal­e della sua morte
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