Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’ipogeo del Plebiscito destinato alle tombe di re e principi della dinastia Borbone
NAPOLI È a tutti noto che la neoclassica Basilica di San Francesco di Paola voluta da Ferdinando I di Borbone fu edificata quale voto per il felice ritorno del sovrano a Napoli dopo il decennio francese. È anche risaputo che fu bandito un concorso di idee al quale parteciparono i migliori architetti dell’epoca quali: Lojacono, Nicolini, Valente, Laperuta, de Simone, de Fazio ed altri. Ma nonostante risultassero vincitori Laperuta e De Simone il re decise di affidare progetto e direzione dei lavori allo svizzero Bianchi, incaricato forse per intercessione del Canova.
La novità è che in seguito ai lavori di recupero al disotto della chiesa appaltati dal Provveditorato, che hanno liberato dai detriti le fondamenta, sono venuti fuori una serie di ambienti sotterranei tra cui una sala centrale ed un anello circolare al contorno, che hanno nell’insieme le stesse dimensioni della chiesa superiore, dalla ragguardevole misura di 33,50 metri di diametro. Il Comune, d’intesa con la Sovrintendenza e col Fec sta portando avanti il restauro prevedendone la destinazione ad uso collettivo. Tale Ipogeo ha un’altezza di 16 metri ed un’architettura di notevole interesse, costituita da una volta centrale sorretta da una struttura a fungo. Tale interessante scoperta, mi ha spinto ad approfondire quale fosse la destinazione di questi ipogei, considerato che tali strutture non potevano essere unicamente realizzate quali fondamenta, come ipotizzato dai tecnici che si sono occupati del progetto di recupero, sia per le dimensioni, che per la notevole qualità e spazialità architettonica. Dall’esame delle tavole dei progetti sia del Bianchi che del Laperuta e del De Simone si nota che il grafico di sezione della chiesa, riporta tale ipogeo e ciò sgombra l’idea che si tratti solo di fondamenta. Ma dall’approfondimento della storia costruttiva dell’edificio sul quale c’è ampia bibliografia ho potuto rilevare quanto immaginavo: si trattava di un ipogeo destinato una volta completato nella decorazione, ad accogliere le tombe dei Borbone. Destinazione fino ad oggi ignota. Presumibilmente nella sala circolare coperta a volta, sarebbe andato il sarcofago del sovrano che l’avrebbe inaugurata e intorno le tombe degli altri re della dinastia. Nell’anello circolare che gira intorno alla sala le tombe di tutti i principi.
La conferma dell’ipogeo quale pantheon dei Borbone si trova nel coevo volume del 1858 Storia dei Monumenti di Napoli dell’architetto Camillo Napoleone Sasso dove l’autore riporta la descrizione in dettaglio dell’edificio, una sorta di cronaca essendo un contemporaneo e conclude con tale dichiarazione, di grande importanza, sfuggita fino ad oggi agli studiosi: «Evvi la chiesa sotterranea che risponde perfettamente al Tempio superiore. Questa è destinata ad accogliere le ceneri dei Reali di Napoli: essa s’innalza all’altezza di palmi 50, avendo nel centro una colonna di sostegno e base alle volte che formano la covertura del soccorpo, e il pavimento del descritto Tempio». E anche il Chiarini nella sua guida Notizie del Bello, dell’antico e del curioso, del 1858 con le aggiunte al Celano, conclude così la descrizione della Basilica : «…Sono non ultime cose da vedersi la Chiesa sotterranea che risponde perfettamente al tempio superiore. Destinata ad accogliere le ceneri de’ Reali di Napoli, essa s’innalza all’altezza di palmi cinquanta ed è sostenuta da una colonna che sorge nel centro».
Non solo, anche lo storico e geografo Eugenio Balbi in un volume, edito a Torino nel 1842, nel descrivere la chiesa riporta «...del tempio sotterraneo di egual dimensione del superiore, ad ampia vòlta sostenuta da una colonna centrale, ove riposeranno le salme mortali dei sovrani delle Due Sicilie, fino ad ora deposte in S. Chiara...», invitando poi «il visitatore a salire sulla vetta della rotonda e godere dell’impareggiabile veduta». Perché poi le tombe dei sovrani non siano poi più state traslate nell’ipogeo della chiesa di S. Francesco di Paola resta un mistero. Forse i sovrani di padre in figlio (da Ferdinando I che volle erigere la chiesa a Francesco I che non la vide completata, a Ferdinando II che pare non volesse cambiare il luogo di sepoltura) ebbero ripetuti ripensamenti, dovuti al fatto che Santa Chiara era legata alla memoria storica della dinastia ed era sempre stata, dagli Angioini, destinata ad accogliere le tombe dei sovrani del Regno.
Ferdinando II tentò inutilmente a più riprese di ampliare lo spazio destinato alle tombe degli antenati nella cappella di San Tommaso apostolo della chiesa di Santa Chiara, affidandone il progetto prima nel 1845 all’architetto Genovese (dello scalone di Palazzo Reale), poi nel 1848 a Nicolini (del San Carlo) e poi al Gavaudan nel 1859, ma dovette rinunciare per evitare di intervenire su strutture monumentali quali il chiostro dei Minori che avrebbero subito danni e mutilazioni come anche la appella dove tutt’oggi si conservano i resti dei Borbone. Di sicuro ciò che avvenne nel 1860 che cambiò la storia della nostra città e dell’Italia pose fine ad ogni ulteriore tentativo. Di certo si dovrà tenere conto anche nella futura organizzazione dei luoghi di non far andare perduta la memoria di questa originaria destinazione dell’ipogeo quale pantheon dei Borbone, anche se mai attuata.