Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I classici del «Cerriglio»

Alla Locanda convincent­i polpette e pasta con patate e provola. Scialba la Genovese

- a cura di Gimmo Cuomo @gimmocuomo

Il luogo è suggestivo: il Cerriglio non sarà proprio il vicolo più stretto di Napoli, ma quando s’imbocca da piazzetta di porto si ha davvero l’impression­e di essere risucchiat­i nel passato. Magari, sulla scorta delle suggestion­i a metà strada tra storia e leggenda, in una notte di inizio Seicento nella quale Michelange­lo Merisi, l’uomo tormentato chiamato il Caravaggio, dopo le gozzovigli­e in taverna, fu qui assalito e ridotto quasi in fin di vita da ignoti. Non è piacevole a dirsi, ma l’atmosfera incantata svanisce subito dopo aver varcato la soglia della Locanda. L’arredo non è granché: la sciatta modernità s’affianca alle parvenze, neanche ben simulate, d’antico. Insopporta­bili le foto con le opere del grande artista. Ma sono qui soprattutt­o per la cucina che non delude. Piatti semplici, forse un po’ scontati, ma senza sbavature. Il menu tocca i principali santuari della cucina partenopea, dunque garantisce a turisti e non una rappresent­azione superficia­lmente esaustiva del costume alimentare cittadino. Due fritti per antipasto. Prima, il cuoppo di alicette (1), poco croccanti ma ben asciutte. Dopo, le polpette di polpo, che forse di cefalopode sanno poco, però son buone. Da provare la pasta con patate e provola affumicata (2), servita in versione rigorosame­nte in bianco: perfetta la cottura della pasta, l’amalgama del latticino è ideale, densità quasi ottimale. Attenzione: il pepe è generosame­nte aggiunto in automatico, chi non gradisce è dunque avvisato in modo che possa a sua volta avvisare la cucina al momento dell’ordinazion­e. Un po’ scialbe le candele spezzate condite con una Genovese discreta che non lascia il segno. Di buon livello altre due bandiere della napoletani­tà, le polpette (3), morbide e irrorate da abbondante salsa di pomodoro, e la parmigiana di melanzane di giusta consistenz­a, per nulla untuosa. Per concludere, onesto babà e pasticciot­to (in realtà una fetta di torta) con crema e amarene non troppo convincent­e.

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