Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Se la Regione dichiara guerra alla lingua inglese
Macché inglese, se poi si corre il rischio di non saperlo pronunciare o, addirittura, di inciampare rovinosamente in una espressione tipica della cultura britannica mentre si scrive una delibera. La Regione Campania mette al bando la lingua dei commerci e dei traffici internazionali: quell’inglese che ciascun genitore spera che i propri figli possano apprendere presto per dotarsi di un passepartout per il futuro. Una delle tre “i” (inglese, impresa, informatica) promesse da Silvio Berlusconi qualche tempo fa per far ripartire l’Italia. Invece, proprio su proposta della esponente di Forza Italia, Flora Beneduce, il consiglio regionale ha sudato una delle sue camicie per approvare la mozione finalizzata «a sensibilizzare le amministrazioni pubbliche nell’espletamento di funzioni legislative, amministrative o di comunicazione istituzionale, ad un uso non discriminatorio della lingua italiana». Ovviamente, negli atti di discriminazione non sono contemplati l’italiano spesso sghembo, se non contundente, pronunciato dai consiglieri regionali nei loro interventi in aula e i nodosi testi legislativi intrecciati al solo scopo di strozzare sul nascere qualunque sforzo di comprensione sostenuto dai cittadini. Ma si sa, noi campani sappiamo opporre una grande vocazione alla resilienza. Lo ha detto anche De Luca ieri: «È sconvolgente la resistenza della società napoletana: sono venti giorni che in provincia di Napoli non passa un pullman. Ma nessuno dice nulla. Qui si ingoia tutto». Persino le sciocchezze.