Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Con «Naufragio» De Simone riscrive «Tempest» di Dylan
Al San Pietro a Majella, prima esecuzione per i 100 anni della Scarlatti
«Si tratta di un brano estremamente denso in cui Roberto De Simone, ripercorrendo un secolo di musica, disegna anche la parabola del capitalismo». A parlare è il maestro Eugenio Ottieri che alle 19, nella Sala Scarlatti del Conservatorio di Napoli, dirigerà Naufragio, madrigale drammatico di Roberto De Simone su testo del premio Nobel Bob Dylan che, dedicato al centenario dell’Associazione Alessandro Scarlatti, concluderà l’evento Talvolta nel corso dell’eternità - percorsi, ricorsi e decorsi musicali di Roberto De Simone.
Naufragio impegnerà la voce recitante di Maddalena Crippa e le voci soliste di Raffaello Converso e Adria Mortari oltre che il Sonora Chamber Ensemble diretto da Ottieri. Il programma prevede anche composizioni su testi del poeta della Beat Generation Lawrence Ferlinghetti come Talvolta nel corso dell’Eternità (1968-2018) cui fa riferimento il titolo dell’evento, e ancora The Titanic - a spiritual field su testo di Alan Lomax e Der Untergang der Titanic, di Jelly Roll Morton e Roberto De Simone su testo di Hans Magnus Enzensberger.
Filo rosso che collega i brani è la condanna del cinismo del capitalismo e del primato del profitto sul valore della vita umana. È certo la prima esecuzione di Naufragio ad alimentare le maggiori aspettative. Il centenario dell’Associazione Scarlatti cade in contemporanea con il cinquantenario del ’68 (e se vogliamo nel secondo centenario della nascita di Karl Marx) anno di svolte e fulcro della narrazione di molti brani in locandina stasera.
Ottieri anticipa preziose informazioni su Naufragio: «Troviamo in esso sezioni che si rifanno alla Seconda Scuola di Vienna, esposizioni della prima serie dodecafonica di Schönberg, così come di sprechgesang e persino di Die Walküre di Wagner, ma sono il testo, e la voce che si stagliano su tutto, non a caso in una composizione pensata per Mortari». L’ascolto svelerà, o forse indurrà ciascuno a meditare, sui naufragi di un’epoca, su quelli delle speranze cantate con poetica rabbia da Bob Dylan.
«La pallida luna si levò nella sua gloria , fuori della città dell’ovest e ha raccontato una triste, triste storia, della grande nave che è andata giù. Era il quattordici aprile, oltre le onde lei cavalcò, navigando verso il domani». È l’incipit di Tempest di Dylan, che prosegue narrando di orchestre che suonano melodie di amori sbiaditi, ignare dell’imminente tragedia; narra di ricchi e di traditori e di voltagabbana, mentre quella luna sembra avere pietà degli amanti e dei loro ultimi abbracci e dei marinai e dei macchinisti, feriti e impotenti di fronte all’inabissarsi di un simbolo della potenza del progresso, che per loro sarebbe stato lavoro e che si rivelò morte. C’è il riferimento cinematografico, ma non è difficile trovare fantasmi di Twin Towers e naufragio del capitalismo e soprattutto delle sue promesse.