Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Schiacciata da un pino in via Aniello Falcone La Corte: «Per la donna una lenta agonia»
Le motivazioni della sentenza che hanno condannato un vigile del fuoco, assolto in primo grado
NAPOLI «Apertura porta, infiltrazione in cantinato, verifica scala, recupero masserizie, rimozione nido di vespe». Questi erano gli interventi nei quali erano impegnati i vigili del fuoco di Napoli la mattina del 27 maggio 2013, quando Gionata Simeone, titolare di un bar in via Aniello Falcone, chiamò il 118 per segnalare che nei giardinetti intitolati a Nino Taranto c’era un pino fortemente inclinato, probabilmente pericoloso. Interventi che, evidentemente, il vigile del fuoco Tiziano Fucci, quando rispose alla chiamata, ritenne più importanti di una verifica al pino.
Fucci si limitò a telefonare ai vigili urbani e a chiedere loro di fare un controllo. Alla fine nessuno fece niente e il 10 giugno successivo una giovane donna, Cristina Alongi, fu schiacciata dal pino mentre percorreva via Aniello Falcone con la sua Panda. Tiziano Fucci, che in primo grado era stato assolto, è stato invece condannato in secondo grado a un anno e quattro mesi (pena sospesa) per omicidio colposo, come avevano chiesto gli avvocati della famiglia Alongi, Maurizio Sica e Eugenio Baffi. Dalle motivazioni della sentenza (che confermava quella di primo grado per l’agronoma comunale Cinzia Piccioni Ignorato, condannata a un anno e quattro mesi, e per il vigile urbano Marino Reccia, assolto) ora si comprende perché.
I giudici della I sezione penale della Corte d’Appello (presidente Rosa Romano, che è anche estensore della sentenza, consiglieri Amalia Taddeo e Annamaria Casoria) chiariscono innanzitutto come è morta Cristina: soffocata lentamente per la fortissima compressione della cassa toracica. Lei, che aveva una salute eccellente, con cuore e polmoni in perfetta efficienza, è stata vista respirare ancora quando i vigili del fuoco tagliavano già da dieci minuti le lamiere dell’auto con la fiamma ossidrica. Sottolineano poi che l’albero che l’ha schiacciata, un esemplare di circa 90 anni, era perfettamente sano e il suo schianto era assolutamente prevedibile, se qualcuno cui competeva si fosse preso la briga di osservarlo: eppure la Piccioni Ignorato era stata in quei giardinetti alla fine di aprile del 2013. Il pino era in una condizione di «notevole squilibrio», determinata dalla «abnorme crescita dei due rami che incombevano sulla pubblica via, e non controbilanciata dalla presenza di altri rami controlaterali, uno dei quali, anzi, come provato dalla vistosa cicatrice presente sul tronco lato mare, era stato potato anni addietro». Non c’è dubbio, dunque, che a provocare lo schianto fu «la situazione di notevole squilibrio che si era aggravata già da alcuni mesi al punto da attirare l’attenzione e provocare allarme anche in osservatori non qualificati e che aveva spinto più di una persona a sollecitare, sia pur senza esito, un intervento».
Per salvare la vita di Cristina sarebbe bastato pochissimo: anche «il transennamento e la chiusura al traffico della strada». Invece, dopo la segnalazione del titolare del bar, ci fu «uno sconcertante scaricabarile». Sconcertante, per esempio, se- condo i giudici, il tentativo di Fucci di scaricare il compito di intervenire sui vigili urbani, come emerge dalla registrazione della telefonata intercorsa con Marino Reccia.
«Ci stanno contattando da via Aniello Falcone civico 300, dai giardinetti pubblici. Dicono che ci sta un albero in bilico».
Fucci:
«E voi non intervenite, collega?».
«E quello è un giardinetto, scusami».
«Embè, il giardinetto: l’albero lo manteniamo noi?».
Reccia:
Il collegio giudicante «Cristina Alongi aveva una salute eccellente L’albero era sbilanciato da una potatura»
Fucci:
Reccia: