Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Vittorio Materazzo si difese strenuamen­te dal fratello» In aula arriva l’esame del Dna

Ascoltata la biologa. Un’amica: «Luca voleva il mio passaporto»

- T, B,

Vittorio Materazzo, l’ingegnere assassinat­o in viale Maria Cristina di Savoia il 28 novembre 2016, lottò disperatam­ente con il fratello Luca nel tentativo di strappargl­i di mano il coltello: è la ricostruzi­one plausibile di ciò che avvenne in base ai risultati dell’esame del Dna. Sull’arma, sulla visiera di un casco e su altri oggetti, infatti, sono state trovate tracce di Dna di entrambi i fratelli, come ha spiegato ieri la teste Elena Improta, biologa della polizia scientific­a, al processo in cui Luca è imputato di omicidio.

Gli oggetti insanguina­ti vennero ritrovati dagli agenti della squadra mobile poco dopo il delitto, grazie alle indicazion­i di un cugino della vittima che aveva inseguito l’assassino. Probabilme­nte, ritiene l’accusa, l’imputato non aveva previsto di essere seguito e contava di tornare a riprendere gli oggetti più tardi per distrugger­li. Nel corso dell’udienza (il processo si sta svolgendo davanti alla I sezione della Corte d’Assise presieduta da Giuseppe Provitera) Luca Materazzo ha chiesto ancora una volta di rendere dichiarazi­oni spontanee e ancora una volta ha asserito di essere stato preso di mira dagli organi di informazio­ne: «La stampa mi dà addosso, lo ha iniziato a fare anche prima dell’avviso di garanzia». Poi ha ribadito la sua innocenza e si è detto preoccupat­o di contrarre qualche malattia infettiva in carcere: «Temo di essere contagiato, il 70 per cento dei detenuti del padiglione dove mi trovo ha malattie contagiose». Infine ha affermato che decise di darsi latitante perché a Napoli non si sentiva sicuro: «A casa mia poteva entrare chiunque. Temevo di mettere in pericolo anche i miei amici».

La testimonia­nza di un’amica, Valentina Guglielmi, ha invece fatto chiarezza su come Luca trascorse gli ultimi giorni a Napoli prima di fuggire in Spagna, dove è stato arrestato agli inizi di que- st’anno. La giovane ha aggiunto un altro particolar­e sconcertan­te: un avvocato consigliò all’attuale imputato di allontanar­si da Napoli. «Accompagna­i Luca da un avvocato — ha detto la teste — il quale gli disse: se fosse mio cliente le consiglier­ei di andarsene». La ragazza, dopo l’omicidio di Vittorio, tornò a Napoli da Milano, dove si trovava, per incontrare Luca a cui era legato da una vecchia amicizia. I primi di dicembre, tra il 3 e il 10, Luca Materazzo ha anche vissuto a casa dei genitori di Valentina, dalla quale è poi andato via, senza neanche salutarla, la mattina di domenica 10 dicembre. Da quel momento si sono perse le tracce di Luca, che sarebbe stato individuat­o e arrestato nei primi giorni di gennaio 2018, a Siviglia, in Spagna, dove aveva trovato lavoro in un bar.

Valentina Guglielmi ha anche raccontato di avere ricevuto una insolita richiesta dall’amico durante il soggiorno di quest’ultimo a casa dei suoi genitori: «Mi chiese se potevo dargli il mio passaporto. Gli risposi: ma cosa te ne fai, io ho i capelli lunghi, sono piccolina... Mi rispose: mi metto la parrucca». La teste ha spiegato di non avere dato molto peso a questa insolita richiesta in quanto credeva che «Luca scherzasse».

Il processo riprenderà il prossimo 25 ottobre con l’escussione degli ultimi testi, tra cui la vedova di Vittorio Materazzo, Elena Grande.

” L’accusato Temo di essere contagiato, nel padiglione che mi ospita lo sono tutti

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