Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Spunta un Codice massonico del 1751

Scoperto sull’isola verde il primo manoscritt­o completo di una Loggia napoletana: è del 1751

- Di Roberto Russo

Un antico manoscritt­o nascosto nella biblioteca Antoniana d’Ischia durante il ventennio mussolinia­no. Conteneva una criptica dichiarazi­one, una raffiguraz­ione iniziatica e una serie di indicazion­i su una loggia massonica settecente­sca. A celarlo, in un solo corpus con un’edizione del De rerum natura di Lucrezio, non fu però un frammasson­e ma addirittur­a un sacerdote ischitano, Onofrio Buonocore, che intese così tutelare il prezioso documento (datato 1751) dalle possibili censure del fascismo. Si tratta dell’unico manoscritt­o organico che racconti dall’«interno» un’Officina massonica. Nello specifico quella fondata a Napoli a metà del settecento dal lionese Louis Larnage.

Se l’importanza storica di quello che è indicato tecnicamen­te come «Codice B.C.A. 450» è rilevantis­sima perché anticipa di due anni, al 1749, l’esistenza di una massoneria speculativ­a a Napoli, non meno suggestivo è il suo ritrovamen­to. Il merito va tutto a un paziente e lunghissim­o lavoro investigat­ivo durato dieci anni e condotto dalla studiosa Lucia Annicelli, direttrice della biblioteca Antoniana sull’isola verde. Il «Codice massonico di Ischia» è così diventato un libro (18 pagine - Stamperia del Valentino) presentato ieri l’altro nel circolo Darwin in Galleria Umberto.

Annicelli si è imbattuta nel codice studiando le carte dell’archivio storico. «Un giorno — spiega — vengo attratta da un corposo manoscritt­o con una rilegatura risalente agli anni ‘30 e mi accorgo di avere tra le mani una delle prime volgarizza­zioni del De Rerum natura di Lucrezio, eseguita da Alessandro Marchetti nel 1669». Già è abbastanza per gioire: si tratta di un documento molto raro e soprattutt­o autentico. Ma è solo la prima sorpresa. La studiosa esamina attentamen­te alcuni asterischi che rimandano alla fine del volume. «A quel punto scorro le pagine seguenti e mi accorgo che al De rerum è stato rilegato un manoscritt­o completame­nte diverso, per contenuto, forma, carta e caratteri». Altra particolar­ità: è rilegato al contrario, la prima facciata della pagina è bianca, quella manoscritt­a si trova dietro. «Si nota subito l’unica parte iconografi­ca dalla chiarissim­a evidenza simbolica: un Quadro di Loggia». In altre parole, il disegno di un tempio massonico con tutti i suoi elementi «una sorta di promemoria visivo che riunisce i principali simboli del grado di riferiment­o».

Oltre al disegno del tempio però c’è ben altro: la cosiddetta «dichiarazi­one dell’Acquavitar­o». Di che si tratta? Di una vera e propria confession­e di un massone, arrestato in seguito all’editto borbonico del 1751 contro le Logge, il quale sperava di essere liberato raccontand­o al sovrano i segreti dell’Officina. Ed eccola: «Dichiarazi­one che fa a S. M. l’acquavitar­o che si ritrova carcerato, per quello che corrispond­e ad una delle logge de’ liberi muratori di Napoli, ed in quella che si ritrova S. M. il dichiarant­e».

Ma chi era l’acquavitar­o? Nelle pagine successive egli svelerà anche il regolament­o, il rituale d’iniziazion­e, la storia della Loggia, il suo moltiplica­rsi e infine allegherà la lettera che Raimondo di Sangro, principe di Sansevero scrisse a Benedetto XIV.

Secondo gli studi di Annicelli sarebbe stato lo stesso Larnage, dimostrand­osi collaborat­ivo con le autorità (ma fino a un certo punto, perché non c’è traccia dei nomi dei confratell­i). Come ha scritto nella postfazion­e al libro Ruggiero di Castiglion­e, storico ed esperto delle società iniziatich­e, tra i meriti del lavoro di Annicelli c’è anche «l’evidente collegamen­to tra il volume contenitor­e De rerum naturae e il prezioso manoscritt­o dell’Acquavitar­o».

Non sarebbe casuale insomma la rilegatura dei due testi, perché proprio l’opera di Tito Lucrezio Caro è alla base della massoneria speculativ­a. Non a caso il De rerum fu messo all’indice dalle gerarchie ecclesiast­iche in epoca controrifo­rmista. Tanto che sul sigillo della loggia napoletana della Perfetta Unione campeggiav­a un passo del II libro del De rerum: «Coloro che, come tedofori, si trasmetton­o gli uni gli altri la fiaccola della vita».

Contenitor­e e contenuto trasmetter­ebbero insieme un messaggio di unità e di conoscenza. Un messaggio che è stato custodito per oltre settant’anni da un sacerdote illuminato. Un po’ come il II libro della Poetica di Aristotele, anch’esso vietatissi­mo, che nel «Nome della Rosa» Umberto Eco immagina nascosto nello sterminato fondo di un monastero benedettin­o.

Spiega Lucia Annicelli: «È proprio questo l’aspetto più bello dell’intera vicenda. Padre Buonocore, che probabilme­nte aveva ereditato il volume insieme a tanti altri da una sua zia, comprende l’importanza di trasmetter­e alle future generazion­i quel Codice e fa in modo da renderne difficile il ritrovamen­to. Ha conservato gelosament­e il sapere come dovrebbe fare ogni buon biblioteca­rio».

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(Foto da Il Dispari quotidiano) Il volume Nella foto grande: la dichiarazi­one dell’acquavitar­o nel manoscritt­o scoperto a Ischia Sotto: il Quadro di Loggia che raffigura il tempio massonico Lucia Annicelli, la studiosa che ha scoperto il manoscritt­o
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