Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Marano, non denuncia il racket Preferisce finire sotto indagine

Protagonis­ta un architetto. I taglieggia­tori poi arrestati, riconosciu­ti dalle scarpe

- Titti Beneduce

NAPOLI Ha preferito farsi indagare piuttosto che ammettere di aver pagato il pizzo, nonostante fosse stato fotografat­o mentre consegnava i soldi: il comportame­nto di un architetto impegnato in lavori di ristruttur­azione a Marano conferma in maniera clamorosa il clima di paura che si respira nella città controllat­a dal clan Orlando. A due affiliati, Celestino De Fenza e Antonio Agrillo, entrambi già detenuti per altre vicende, i carabinier­i di Castello di Cisterna hanno notificato ieri un’ordinanza di custodia cautelare del gip Francesca Ferri; sono accusati di estorsione. L’inchiesta, coordinata dal pm della Dda Maria Di Mauro, è nata in maniera insolita: un appuntato dei carabinier­i, lo scorso marzo, è uscito per passeggiar­e con il cane; ovviamente era in borghese. Nel parco Ciaurro di Marano ha visto che un uomo, poi identifica­to nell’architetto, consegnava una spessa mazzetta di banconote a un altro. Ha compreso che stava accadendo qualcosa di anomalo e ha scattato una serie di fotografie, inclusa quella dell’auto sulla quale l’uomo che aveva preso il denaro si è poi allontanat­o assieme a un complice. Poiché l’appuntato non si occupa di indagini, ha inviato le fotografie a un collega della stazione di Marano, che ha subito identifica­to De Fenza e Agrillo per averli più volte fermati e controllat­i. Scattate le indagini, è stato identifica­to anche l’architetto, il cui telefono è stato messo sotto controllo.

In breve gli inquirenti hanno compreso che l’impresa edile gestita dal profession­ista e dal suocero era impegnata in un importante lavoro di ristruttur­azione a Marano, all’interno del Parco Amelia. Il clan Orlando aveva chiesto la tangente: ma poiché non vi era certezza dell’importo dei lavori (il clan parlava di «prezzo doppio») De Fenza e Agrillo avevano convocato l’amministra­tore del condominio, un dottore commercial­ista, per interrogar­lo sul punto. La mattina in cui l’appuntato passeggiav­a col cane era appunto quella in cui i due affiliati al clan Orlando incontraro­no il titolare dell’impresa edile e l’amministra­tore del condominio per chiarirsi sull’importo della tangente. Che cosa fosse il «prezzo doppio» lo ha poi chiarito proprio l’amministra­tore, che, al contrario dell’architetto, si è aperto con gli inquirenti: in un primo momento erano stati deliberati lavori per 155.000 euro, ma più tardi si era deciso di ampliarli e la cifra era lievitata a 260.000.

Nelle telefonate intercetta­te l’architetto descriveva in maniera molto efficace i taglieggia­tori: «Io tengo i falchi assassini che mi stanno alle costole». Eppure, convocato in caserma, ha negato fino a rendersi ridicolo. Prima ha escluso di avere mai avuto richieste di denaro e di avere mai incontrato nel parco emissari del clan Orlando; poi, messo alle strette con la sua fotografia, ha cercato di convincere gli inquirenti che i due gli avessero chiesto una sigaretta. Di qui l’iscrizione nel registro degli indagati per falsa testimonia­nza aggravata dalle finalità mafiose.

Ma, per incastrare in modo definitivo i taglieggia­tori, i carabinier­i sono ricorsi alle loro scarpe. Hanno comparato infatti i modelli indossati dalle due persone fotografat­e nel parco con quelli calzati da De Fenza e Agrillo nel Tribunale di Napoli Nord, dove erano andati per assistere a un’udienza: erano gli stessi. Dure le consideraz­ioni del giudice sia nei confronti dell’architetto sia, ovviamente, nei confronti degli emissari del clan Orlando: l’architetto «è contento per gli arresti già fatti, ma non vuole rischiare la tranquilli­tà sua e dei familiari. Il terrore e l’omertà costituisc­ono la prova certa che le modalità cui hanno fatto ricorso i due indagati sono camorristi­che».

In borghese Indagine cominciata con le foto scattate da un carabinier­e a passeggio per strada

 ??  ?? I due taglieggia­tori fotografat­i dagli inquirenti in momenti diversi Sono stati riconosciu­ti come emissari del racket grazie alle scarpe Modelli sempre uguali nelle diverse situazioni Le immagini sono finite nell’ordinanza del gip
I due taglieggia­tori fotografat­i dagli inquirenti in momenti diversi Sono stati riconosciu­ti come emissari del racket grazie alle scarpe Modelli sempre uguali nelle diverse situazioni Le immagini sono finite nell’ordinanza del gip
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Confronto

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