Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ma per i giovani migranti questa non è più la terra promessa
L’INCHIESTA LE NUOVE ROTTE DEI DISPERATI L’arrivo di minori senza genitori dimezzato nel 2018: sono stati 263 Una parte di loro fa perdere le tracce
Napoli non è più la terra promessa dei migranti e in particolare di quelli giovani. Lo dicono i numeri sugli arrivi dall’Africa e non solo. Sono stati 263 nel 2018 i minori arrivati da noi senza i genitori, una percentuale dimezzata rispetto all’anno precedente. Lo sottolinea anche il procuratore per i minori Maria De Luzenberger: «Napoli e la Campania non sono posti ambiti da questi ragazzi e non lo è nemmeno l’Italia». Pochi anche i reati compiuti dai minori stranieri come risulta dalle statistiche.
NAPOLI No, non è Napoli la terra promessa. Per i ragazzi che attraversano il deserto e affrontano il mare aperto, inseguendo le chimere del benessere e della felicità o soltanto un progetto di sopravvivenza, non è questo il posto per realizzare i sogni, grandi o piccoli che siano. Lo dicono i numeri sull’arrivo, dall’Africa ma non solo, dei minori non accompagnati, una cifra che decresce di anno in anno tanto da aver determinato la graduale soppressione per mancanza di ospiti di buona parte delle strutture destinate alla loro accoglienza. E lo evidenzia, dal suo punto di osservazione privilegiato che è il Tribunale per i minorenni, il procuratore Maria De Luzenberger: «Napoli e la Campania non sono un posto ambìto da questi ragazzi, o forse non lo sono più. E probabilmente nelle loro aspirazioni neanche l’Italia è la meta ultima del loro viaggio».
Arrivano con progetti di vita che sanno di dovere abbandonare una volta a contatto con una realtà che non brilla delle luci di un nuovo mondo ma appare segnata dalle cupezze della disoccupazione, dalla crisi economica e da carenze di ogni tipo. «Arrivano con una valigia piena di aspettative e di sogni. Sono le aspettative dei familiari e i sogni dei ragazzi. E in genere vengono non per restare ma per ripartire», spiega il procuratore. Magari con destinazione il ricco nord Europa dove si immagina, senza correre troppo con la fantasia, siano più concrete le possibilità di farcela.
Nell’ultimo anno sono appena 263, con un’età media di 17 anni, i giovani approdati nel territorio su cui si estende la giurisdizione del Tribunale per i minorenni di Napoli (in pratica tutta la Campania ad eccezione della provincia di Salerno) con un abbattimento di circa la metà rispetto alla cifra dell’anno precedente. Milletrecento in tutto al netto di quanti sono ripartiti per altri luoghi. Ad essi il Tribunale — su richiesta del pubblico ministero al quale devono essere segnalate tempestivamente tutte le presenze di minori — provvede ad assegnare un tutore, in coincidenza con la collocazione presso strutture idonee, una sorta di case famiglia in formato ridotto.
Strutture che non possono accogliere più di otto ragazzi per volta, e dove i giovani migranti non sono ghettizzati ma vivono con i giovani ospiti italiani, secondo un criterio ispirato all’obiettivo dell’integrazione. Le statistiche degli uffici giudiziari dei Colli Aminei, riguardanti sia i procedimenti penali sia quelli civili, sembrano contraddire gli allarmi sull’emergenza criminalità che invece vengono evocati con più solida aderenza alla realtà a proposito dei problemi determinati dall’immigrazione (soprattutto quella definita irregolare) degli adulti in certi quartieri di Napoli, il Vasto su tutti, dove migrante è ormai sinonimo di emarginazione, precarietà e sempre più spesso di illegalità. Se nelle affollate aule del Palazzo di Giustizia del Centro Direzionale, o in quelle dei tribunali di provincia, molti sono gli stranieri che ogni giorno compaiono nelle vesti di imputati, è evento raro assistere al processo a uno straniero nei silenziosi uffici del Tribunale minorile. La percentuale di reati commessi da minori non accompagnati è irrisoria, addirittura irrilevante sotto il profilo statistico. Niente a che vedere con i casi di devianza che coinvolgono gli adolescenti napoletani e che occupano sempre più spazio sulle pagine della cronaca nera.
Sulla scrivania del procuratore e dei sostituti i fascicoli che si accumulano per le denunce, le segnalazioni di reati, gli arresti eseguiti dalle forze di polizia, raccontano soprattutto storie di rapine, di droga, di teppismo, di abusi sessuali, di reati informatici (ed è questa l’ultima e più moderna delle emergenze) commessi attraverso la condivisione nelle chat e sui social di immagini da bullismo cibernetico che si traducono in motivo di sofferenza e di angoscia per tanti coetanei che ne sono vittima. Ebbene, tra i nomi degli indagati trascritti sui faldoni della procura è assai difficile trovarne uno che non sia italiano. Così come, contrariamente a quanto si sia indotti a credere sulla base della “percezione” del fenomeno da parte dell’opinione pubblica , non sono segnalati casi di sfruttamento di minori, o di utilizzazione di ragazzi ad opera di organizzazioni criminali. Agli atti del Tribunale non si trovano casi del genere, a fronte di una delinquenza “indigena” che (come testimonia la vicenda più sconvolgente trattata dai giudici minorili negli ultimi anni) non si è fatta scrupolo di ricorrere ai bambini per confezionare e spacciare le dosi di droga, tanto da costringere i magistrati ad adottare la più dolorosa tra le decisioni, come quella di allontanare i figli dalle famiglie.
Ma questo è soltanto l’aspetto visibile dell’immigrazione in Campania dei minori non accompagnati, raccontato dai numeri, sottoposto all’attenzione dei magistrati e monitorato dalle forze dell’ordine e dalle amministrazioni pubbliche. Perché vi è anche il lato buio, che sfugge all’osservazione da parte dello Stato e genera allarme. È il mondo degli “Invisibili”, i migranti che si allontanano facendo perdere le tracce, quelli non registrati o registrati sotto falso nome, che si sottraggono ai controlli e nessuno sa dove sono e cosa fanno. È stato calcolato che il 20-30 per cento dei minori si allontana dalle strutture di accoglienza della Campania, svanendo nel nulla. La maggior parte si ritiene scappino via per ricongiungersi con amici o parenti lontani, o per cercare fortuna altrove, ma più di uno rimane irretito dagli ambienti della criminalità, vuoi come vittima vuoi come autore di reati. È dalla provincia di Caserta, in particolare dal litorale domizio, che giungono i segnali più preoccupanti. Qui nel giro della prostituzione sono finite anche alcune ragazze nigeriane che, all’arrivo in Italia, obbedendo a una imposizione dei connazionali che gestiscono il racket, avevano dovuto mentire dichiarando di avere 18 anni per evitare in tal modo di essere collocate, come prevede a legge, presso le strutture di accoglienza per minori.
“Invisibili”, assolutamente nascosti alle istituzioni e alle statistiche erano gli adolescenti provenienti dall’est Europa, soprattutto dalla Bulgaria, che alla luce del sole si vendevano ai pedofili sul litorale, come ha documentato una recente inchiesta del quotidiano Avvenire.
E dai numeri non traspare il bagaglio di dolore che si trascinano i più sventurati tra tutti, coloro che hanno conosciuto non solo la fatica immane della traversata del Sahara e l’incubo del viaggio in gommone, ma anche le sofferenze patite nei lager libici per mano di trafficanti aguzzini. Un orrore che si è materializzato tutto in una volta davanti ai giudici quando si è presentato nella veste di imputato per un’aggressione un ragazzo che portava sul corpo e nell’anima ferite impossibili da cicatrizzare. «Era devastato — ricorda un magistrato — Talmente segnato dalla sofferenza che non abbiano potuto far altro che chiedere venisse dichiarata l’incapacità di intendere e volere».
È ritornato da dove era partito: non una espulsione ma un rimpatrio concordato con le autorità del paese nel cuore dell’Africa per essere restituito alla famiglia. Lo hanno visto sorridere quando è salito sull’aereo che lo riportava a casa.
Procuratore Napoli e la Campania luoghi non più ambìti per questi ragazzi