Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Libri d’artista a Villa Lanzara Apre il primo museo italiano
Nelle sale della struttura restaurata, volumi con i lavori di Paladino, Isgrò, Simeti, Del Pezzo
Gli Italiani leggono poco – è cosa nota. Solo la produzione per ragazzi offre confortanti dati di sviluppo editoriale, smentendo l’immagine di generazioni future acriticamente circoscritte al web. Contemporaneamente, in ambito più elitario, si assiste alla crescente affermazione del «libro d’artista», di cui ora è sorto, a Sarno, il primo Museo italiano.
Prodotto dall’iniziativa personale e spesso provocatoria di un artista, o frutto della sua reazione a un certo testo che gli viene proposto, il «libro d’artista» sta infatti moltiplicando la sua elegantissima presenza tanto in gallerie d’arte quanto in fiere librarie, conquistando fette importanti di mercato e soppiantando ormai, presso i bibliofili, il collezionismo delle prime edizioni.
«Ci sono due filoni del libro d’artista» spiega Ambrogio Borsani, scrittore e specialista della comunicazione intervenuto all’inaugurazione del Museo sarnese. «Il filone della tradizione francese che consiste in edizioni numerate con incisioni o disegni di un artista. Quello contemporaneo, dove l’artista interviene in tutte le parti della costruzione del volume, dalla scelta del formato, alle carte, ai caratteri, proponendo un ‘libro’ che a volte non ha nemmeno un contenuto definibile ‘artistico’, ma che è in toto frutto del suo pensiero. Un esempio? Il famoso I mille fiumi
più lunghi del mondo di Alighiero Boetti, che offre solo l’elenco di mille fiumi in ordine decrescente».
«Noi ci inseriamo appunto nella tradizione francese», sottolinea Camilla Fiorin, presentando la rivista «Colophon» e una serie di «libri d’artista» editi dall’omonima Casa Editrice ed ora ospitati dal Museo. «Proponiamo libri veri e propri, nati da contenuti letterari e culturali (poesie, prose, musiche) che vengono affidati ad artisti contemporanei il cui compito è dare loro un’interpretazione visiva. Nei libri Colophon poeti, scrittori e musicisti — ma anche maestri artigiani nella produzione della carta, nella stampa al piombo e nella legatura — intrecciano un dialogo che vede il libro, in quanto tale, al centro di tutto il progetto».
A seguito del «Settembre libri» che da cinque anni coinvolge i cittadini di Sarno in un’intensa attività di mostre e di incontri, l’inaugurazione del «Museo civico cittadino di arte contemporaneo e del libro d’artista» segna dunque un’altra tappa rilevante in una politica culturale che privilegia la complessità e le novità del mondo librario. Villa Lanzara, sede prestigiosa del Museo, ha già visto risorgere fra le sue mura la Biblioteca cittadina ed ha già avviato un’intensa attività di collaborazioni (dall’Accademia di Belle Arti di Napoli al Liverpool Book Art, dalla Fondazione Mastroianni di Arpino al Laboratorio di Tecniche e Linguaggio Narrativo dell’Università di Cassino). Ora non solo è diventata la sede di importanti Centri di attività letteraria e artistica (è di questi giorni l’acquisizione del Fondo Domenico Rea), ma completa l’offerta di spazi per la cultura con un caffè letterario (in via di ultimazione nel parco) e con una serie di sale attrezzate per accogliere le esposizioni temporanee e il fondo permanente di «libri d’artista».
Dalle vetrine del «Museo civico cittadino di arte contemporaneo e del libro d’artista» che occupa il secondo piano della Villa, una scelta di libri Colophon esemplifica in nero e a colori, in carta d’Amalfi o in colorati collage materici, gli affascinanti connubi fra testo e immagini. Lucio del Pezzo costruisce d’azzurro e verde e giallo e blu i labirinti immaginati dal francese JeanClarence Lambert; Emilio Isgrò cancella con tratti decisi e impreviste marezzature i versi con cui Isabella Panfido traccia le migrazioni che segnano di speranze e di morti il Mediterraneo; Turi Simeti ripensa in forme astratte le parole con cui Cielo d’Alcamo ha dato origine alla nostra tradizione di poesia e d’amore.
Fra i libri, un testo di Jorge Luis Borges accompagnato da quattro acqueforti di Mimmo Paladino ricorda un momento di passione letteraria condivisa: su suggerimento di Maria Kodama, vedova del grande scrittore, era stato organizzato presso il Rettorato dell’Università Orientale – in luogo del classico convegno accademico — un «caffè argentino»; ai tavolini prestati dal vicino bar di piazza dei Martiri, si erano seduti a parlare di letteratura e a bere caffè traduttori, lettori, studiosi ed editori italiani di Borges. Era stato ricordato il particolare itinerario che aveva fatto di Borges – all’inizio diffidente e un po’ sdegnoso davanti all’immigrazione italiana in Sud America – un amico appassionato del nostro Paese: erano state le ore da lui passate in tram per andare al lavoro, e trascorse a leggere una Divina Commedia tascabile, con l’ausilio iniziale di una traduzione inglese.
Dalle parole di Dante una nuova visione dell’Italia si era formata nell’animo di Borges, poi arricchita di infinite letture in italiano, di incontri, di viaggi. E così aveva infine scritto, come appare nel suo testo Italia che ha dato origine al libro Colophon: «La conoscenza diretta della Commedia, il contatto immediato con il testo, è la felicità più grande che possa concedere la letteratura».