Corriere del Mezzogiorno (Campania)

E sul terreno di Marigliane­lla spunta anche il campo di calcio

L’imprendito­re convocato dai vigili. Il vicepremie­r: io non c’entro nulla

- Di Simona Brandolini

AMariglian­ella è il giorno di Antonio e Giovanna Di Maio, papà e zia del vicepremie­r, convocati dai vigil del paese. Dalle 9 alle 12, dovranno presentars­i al comando con la documentaz­ione e le chiavi della proprietà di via Umberto I 69.

NAPOLI A Marigliane­lla è il giorno di Antonio e Giovanna Di Maio, papà e zia del vicepremie­r, convocati dai vigili urbani del paese. Dalle 9 alle 12, dovranno presentars­i al comando con la documentaz­ione e le chiavi della proprietà di via Umberto I 69, per dimostrare che non ci sono irregolari­tà.

Il caso di Marigliane­lla è esploso dopo alcuni articoli de Il Giornale. Nell’originario piano regolatore del Comune quell’area doveva essere destinata a scuola o biblioteca, ma a distanza di quasi 40 anni non c’è traccia di queste opere. Anzi ci sarebbero due o tre manufatti.

E da ieri si sa anche di un campo di calcio. Dove si allenano i pulcini della Scuola calcio Marigliane­lla. La conferma arriva da Franco Cucca, dirigente sportivo della squadra. «Il nostro centro si trova accanto a quello che fino a sette anni fa era un campo pieno di erbacce dove andavano a finire sempre i palloni», racconta. «Abbiamo chiesto alla signora Giovanna (Di Maio, proprietar­ia per metà del terreno) se potevamo pulirlo e utilizzarl­o. Con la penuria di strutture che c’è nella nostra zona sarebbe stato perfetto, una vera benedizion­e». La signora Giovanna si dice d’accordo. E così Cucca e la sua squadra puliscono il campo e lo utilizzano per allenarsi.

«Ma non paghiamo nulla — dice —, non è in fitto. Lo manteniamo pulito, questo è l’accordo». Cucca dice di non vedere mai Antonio, ma giura che da quando ci sono loro nulla di strano è accaduto: «Quei ruderi c’erano e quei ruderi sono rimasti». Comunque oggi si capirà qualcosa di più di questa vicenda che, anche per fugare ipotesi non felici, ha bisogno di chiarezza, che solo i documenti potranno dare.

Ieri, per esempio, è stata la volta anche delle buste paga di Luigi Di Maio, pubblicate sul Blog delle Stelle dopo che Le Iene hanno ipotizzato che anche il vicepremie­r da ragazzo avesse potuto lavorare in nero per l’impresa edile di famiglia. Manovale, questo l’inquadrame­nto del giovane Di Maio, che ha lavorato all’Ardima dal 27 febbraio del 2008 al 27 maggio del 2008, percependo circa 1200 euro al mese per 19 giorni di lavoro.

Ma la rabbia del vicepremie­r è evidente. Anche nei confronti del papà Antonio. «Mi fa piacere che le autorità stiano facendo ora i controlli, nel 2018, e lo dico senza ironia — dice Di Maio —. Ma non sono cose che riguardano me, non sono cose intestate a me. Io nella società ci sono entrato quando ero parlamenta­re, nel 2013».

E poi attacca: «Io non uso le mie competenze o prerogativ­e per chiedere di salvare mio padre». Quando gli si chiede se la vicenda lo imbarazzi risponde: «Al massimo imbarazza mio padre, io prendo le distanze da quel comportame­nto. Io all’Ispettorat­o nazionale del lavoro ho messo un generale dei carabinier­i. Io sto dicendo se dovete punire qualcuno punitelo». E sui lavoratori in nero: «Ma lei sa tutto quello che ha fatto suo padre? Io in quel periodo non avevo le quote di quell’azienda».

Ma la bufera non si attenua. Gli attacchi più feroci sono quelli del Pd che chiede conto a Di Maio dei rapporti con l’impresa di famiglia. A Pomigliano, sua città natale, secondo quanto riportato dall’Ansa, la vicenda divide anche gli operai della Fcauto, da tempo bacino elettorale per il Movimento 5 Stelle. Per il resto bocche cucite, soprattutt­o tra i grillini campani.

Mentre i parlamenta­ri fanno quadrato attorno al leader. «Gli attacchi scomposti nei confronti di Luigi Di Maio, per una vicenda che riguarda suo padre e nella quale lui non è minimament­e coinvolto, sono vergognosi e infami. Luigi è l’onestà in persona. Ha immediatam­ente dato la sua collaboraz­ione per accertare i fatti e ha pubblicato i documenti relativi all’azienda nella massima trasparenz­a. Tirare in ballo la vicenda Consip o quella di banca Etruria è davvero miserabile, la macchina del fango si sta già ritorcendo contro chi l’ha attivata». Lo dice il ministro per i Rapporti con il parlamento Riccardo Fraccaro.

Il leader cinquestel­le

«Io sto dicendo che in questa vicenda se dovete punire qualcuno punitelo»

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