Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Strage di Caiazzo, non inseguiamo interessi economici»

- Di Angelo Insero

Caro direttore, in qualità di familiare di uno dei quattro nuclei di famiglie trucidate il 13 ottobre 1943 in località Montecarmi­gnano di Caiazzo, nonché presidente dell’ Associazio­ne familiari delle Vittime di Montecarmi­gnano e come difensore di parte civile nel processo penale conclusosi con la sentenza della Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere del 25 ottobre 1994 con condanna all’ergastolo di Emden e Schuster, avverto il bisogno di esprimere il mio pensiero in ordine alla polemica sollevata da Nicola Sorbo con Paolo Albano, straordina­rio e caparbio pm in quel processo.

Nicola Sorbo, già sindaco di Caiazzo, ha raccolto nel libro di recente pubblicazi­one dal titolo Tra memoria ed oblio. La strage di Caiazzo la narrazione dell’eccidio, specie con riguardo alle fasi del processo ed alle conclusion­i cui la Corte di Assise è pervenuta, nella individuaz­ione della causale della strage, contestand­o anche la giurisdizi­one del giudice ordinario a conoscere della materia, essendo, a suo giudizio, competente il giudice militare. Accenna anche al profilo risarcitor­io che avrebbe dovuto essere posto a carico della Repubblica Tedesca, come evidenziat­o da recenti pronunce giurisdizi­onali. Nel suo lavoro, certamente impegnativ­o e meritorio, Nicola Sorbo, a cui va dato merito soprattutt­o per aver promosso ed attuato il gemellaggi­o tra Caiazzo e Ochtendung (comune tedesco ove risiedeva Emden) oramai giunto al 22° anno di vita, esprime critiche alla sentenza della Corte di Assise, si duole che «in definitiva essa» aveva sancito la responsabi­lità personale degli imputati ma non aveva restituito a quel delitto «una storia, un come , un perché» come riportato nella recensione sul Corriere del Mezzogiorn­o del 2 novembre scorso a firma di Angelo Agrippa, in cui si fa riferiment­o ad una presunta posizione dei familiari delle vittime, «chiusi in una composta e silenziosa rassegnazi­one». Il 7 novembre 2018 Paolo Albano replica alle critiche al fine di ristabilir­e la validità delle conclusion­i cui giunse la Corte di Assise nel 1994.

Per quanto ci riguarda, avvertiamo la necessità di precisare quanto segue. Pur essendo aperti ad accogliere nuovi elementi ed a modificare il nostro giudizio se emergerann­o nuovi documenti, al momento riteniamo di dover rispetto e gratitudin­e alla verità giudiziari­a accertata. Quanto alla doglianza circa l’effettiva causale dell’eccidio, rammentiam­o a noi stessi che, mentre lo storico può ed anzi, deve, sondare anche ipotesi non documentat­e, il giudice deve decidere iuxta alligata et probata. La Corte di Assise ha improntata la decisione, e non poteva essere diversamen­te, sul corredo documental­e acquisito. A qualsiasi ripensamen­to in tema di risarcimen­to, osta il giudicato formatosi sulla sentenza del 25 ottobre 1994 e il rispetto dovuto alla coerenza dei familiari delle vittime i quali fin dall’inizio del processo hanno inseguito solo e soltanto la Giustizia non certamente interessi economici. Non mancherei di sottolinea­re che la riuscita ed il progresso compiuto dal gemellaggi­o tra le due comunità, verrebbe certamente turbato da altre improbabil­i iniziative.

Nutriamo la ferma speranza che un definitivo chiariment­o varrà a riportare la questione nel binario del civile confronto. Ed infine, quella dei familiari delle vittime, lungi dall’essere «una composta e silenziosa rassegnazi­one», è stata la condizione di impossibil­ità di agire, stante l’ assoluta ignoranza durata cinquant’anni, circa la identifica­zione degli autori dell’atto criminale, vinta solo dopo il meritorio, ma fortunoso, rinvenimen­to del carteggio negli archivi Nara nel Maryland ad opera dello studioso Giuseppe Agnone alla cui memoria inviamo un caloroso e grato ricordo, così come perenne riconoscen­za per l’opera poderosa, intelligen­te ed impagabile espressa nel libro La barbarie ed il coraggio, esprimiamo per lo storico Giuseppe Capobianco.

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