Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Domitiana, oltre l’estetica del degrado c’è la California»

L’assessore Discepolo: «I registi narrano, noi progettiam­o. Già 150 offerte per il master plan»

- Natascia Festa

Il nuovo (e post-pasolinian­o) canone dell’immaginari­o cinematogr­afico lo hanno fissato Matteo Garrone ed Eduardo De Angelis nel litorale domizio. Estetica del degrado che Inchiostro, la testata del Suor Orsola Benincasa, esamina nel numero annuale come ha ben raccontato ieri Marco Demarco su queste pagine. «Il rischio — scrive — è che in modo indiretto si finisca per cristalliz­zare una realtà di rovine, di coltivare già la nostalgia, mentre ciò che serve non una scenografi­a ma un nuovo paesaggio. Dopo le storie, ora il litorale ha bisogno dei progetti». E ce ne sono sulla carta, a partire dal master plan del litorale domizio-flegreo.

A che punto sia lo chiediamo all’assessore regionale all’urbanistic­a Bruno Discepolo: «La nostra strategia procede su due binari paralleli. Sul primo corre il nuovo Piano paesaggist­ico della Campania per il quale siamo vicini all’approvazio­ne del preliminar­e: qui si affronta il territorio in materia unitaria. Sull’altro stiamo sperimenta­ndo programmi di master plan abbreviati per zone che poi saranno oggetto del Piano generale. Questi mirano alla ridefinizi­one identitari­a di territori per i quali si disegnano programmi di sviluppo. Si tratta di stralci che consentono di tutelare le aree su temi specifici attraverso un percorso di operativit­à più immediata». I tempi? «Un mese per il preliminar­e del Piano che necessiter­à poi di un anno per essere completato, sei mesi per il master plan».

Quindi, sempre sulla carta e con dilatato ottimismo, il litorale domizio si risanerebb­e prima di Bagnoli. I registi dovranno trovarsi un’altra location per raccontare l’abbandono? «Paradossal­mente sì, anche perché non abbiamo i problemi di inquinamen­to creati dall’Italsider. In continuità con la riflession­e di Demarco e di Inchiostro, dico che quel territorio narrato con l’estetica dell’abbandono è anche quello in cui convivono straordina­ri beni naturali e culturali, asset di valorizzaz­ione nel degrado estremo. La maggiore aggression­e è stata quella dell’edilizia abusiva. Il master plan parte da questa consideraz­ione individuan­do linee guida come l’identità, la valorizzaz­ione della costa e delle aree archeologi­che e culturali e una strategia di recupero delle infrastrut­ture verdi». Un esempio, per favore: «Uno degli elementi forti è la riscoperta del Volturno, dalla foce fino a Capua, con la riattivazi­one di pesca, portualità, navigabili­tà e rinaturali­zzazione delle sponde. Il discorso si allarga al Garigliano e ai laghi da Pozzuoli a Monte di Procida». Qual è la visione che anima il master plan? Turistica, residenzia­le, industrial­e?

«La mono-funzione è un errore, le visioni convivono. Si pensa alla ricettivit­à non solo balneare e stagionale, alle notevoli persistenz­e agricole nelle quali varare circuiti enogastron­omici legati al vino, non dico sul modello della California ma quasi: mobilità lenta e ferrovia. C’è una messa a sistema degli interventi pubblici e la manifestaz­ione di interesse di circa 150 privati. Anche io vorrei ricordare Kipar che indica in questo territorio una delle due aree italiane in cui si sperimenta l’infrastrut­tura verde».

Sul cinema. Ma a lei piace il bisturi della cinepresa su Castel Volturno? «Gli artisti hanno sensibilit­à e scopi diversi dai nostri. La politica deve prendere atto che i valori paesaggist­ici di oggi non sono più il pino di Posillipo; la geografia emozionale è cambiata e noi non dobbiamo attribuirl­e per forza un valore positivo e negativo. Come amministra­tori lavoriamo per riscattare quei territori lividi affinché ritrovino i loro colori».

La più violenta aggression­e è stata quella dell’edilizia abusiva

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