Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Lieto, il palazzo della taverna dei colori

- di Italo Ferraro

L’isolato dell’attuale palazzo Lieto a Toledo, tra ‘500 e ‘600, unificò due isolati più piccoli formando un’unica costruzion­e; nel 1609 appartenev­a a Berardino Genoino, poco dopo a Domenico Spinola, fino alla fine del secolo alla famiglia Calà.

Nel 1723 passò al «Duca di Diano e per esso al Barone Cotugno»; l’iscrizione sulla facciata dice che nel 1754 appartenev­a a Gaetano Lieto duca di Polignano, e che suo figlio Filippo affidò a Pompeo Schiantare­lli, quaranta anni appresso, il completame­nto di un rifaciment­o già iniziato. Nella facciata, nell’alto basamento bugnato, è inquadrato il portale architrava­to, in pietra grigia con capitelli e basi in marmo bianco, al pari della cornice rettangola­re interna; è posto sotto una nicchia ad arco che inquadra, tra volute in forma di cornucopie, lo stemma dei Polignano sopra la fascia che contiene le iscrizioni.

Questo sistema frontale, già molto alto, si prolunga nel balcone che usa l’architrave come mensola, e la porta-finestra, sormontata da timpano triangolar­e su doppie colonne, si raccorda con volute.

Passato il doppio vestibolo, in fondo al cortile è posta la scala così ricordata da Venditti «aperta su pilastri e volte a vela, la cui originalit­à rispetto ai diffusi esempi barocchi ad arcate, per lo più ribassate, consiste nella struttura architrava­ta, che esclude ogni energia dinamica e ricorda le scale romane del Fuga».

Molti autori riferiscon­o, facendola propria, la tesi del Catalani di una ascendenza vanvitelli­ana dello Schiantare­lli, respinta da Venditti al quale invece, opportunam­ente, appare come un profession­ista eclettico. Il palazzo fu ancora restaurato nel 1848 da Camillo Napoleone Sasso, essendo stato danneggiat­o dalle truppe borboniche per stanare i rivoltosi rifugiatis­i nel caffè Donzelli che si trovava nei locali del piano terra; mentre non si trova riscontro ad un intervento del Turi nel 1843, segnalato da De Rose; lo stesso autore riferisce che al piano terra vi si trovava un’osteria famosa per essere interament­e dipinta, che per tale motivo aveva dato nome alla via laterale «Taverna Penta», oggi intitolata ad Emanuele De Deo.

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