Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il ritorno Al Purgatorio ad Arco una raccolta mai vista prima delle anime pezzentelle
Ritti sullo scoglio di brace: il prete, la giovane con i capelli sciolti, la vecchia con i capelli legati, il giovane e il vecchio. A braccia aperte, alzate, implorano tribolanti per la preghiera di un fedele che li avvicinerà al Paradiso. Sono le anime del Purgatorio, le «anime pezzentelle» in attesa di rifrisco e che un tempo vibravano nelle edicole votive sparse per la città, che tornano a casa. E quale casa migliore del Complesso museale di Santa Maria della Anime del Purgatorio ad Arco?
Realizzate in terracotta dipinta tra il XIX e il XX secolo, sono state acquisite dall’Opera Pia Purgatorio ad Arco che le esporrà, per la prima volta in assoluto e fino al 17 gennaio, nella singolare mostra «Ritorno. Il culto delle anime pezzentelle» (inaugurazione, oggi, alle 11), curata da Francesca Amirante, presidente di Progetto Museo e realizzata grazie al sostegno del Gratta e vinci. Del resto, il culto delle anime è indissolubilmente legato a Purgatorio ad Arco, custode del rito tutto napoletano rivolto alle «anime pezzentelle»: resti umani abbandonati, dimenticati e senza nome che diventano intermediari speciali per invocazioni, preghiere, richieste di intercessioni. Come la richiesta di una buona sorte, un buon matrimonio, denaro, lavoro, o una guarigione per sé o per un familiare. Recuperare tutte quelle anime (147) in un sol colpo «è stato un’autentica fortuna» racconta la Amirante. «Appartenevano tutte alla collezione Perolini, collezionista romano esperto di presepi popolari. Un restauratore napoletano, Diego Pistone, l’ha acquistata con l’intento di riportarla a Napoli e il l’Opera Pia Purgatorio ad Arco Onlus l’ha poi acquisita per un vero e proprio ritorno a casa delle anime». Ed è proprio il tema del ritorno il fil rouge della mostra, non soltanto per il contenuto ma anche per l’organizzazione che ha coinvolto «giovani professionisti che si sono formati e hanno lavorato a Venezia, Milano e Londra, come “ShowDesk” e “SuperOtium”», spiega la Amirante, «oltre all’esperienza di Luigi Spina per le fotografie del catalogo, che hanno deciso di spendere le proprie competenze a Napoli e nel nostro territorio». Per il percorso espositivo, si parte dalla navata centrale della chiesa, con lo splendido dipinto dell’altare di Massimo Stanzione che introduce al culto devozionale delle anime supplicanti. È il segno evidente del mutamento dell’iconografia religiosa: dalla posa penitente si passa a quella implorante e le braccia si levano verso l’alto. Più avanti, nella Sagrestia, incastonati nelle teche, i gruppi interi con lo «scoglio», la base nell’arte presepiale su cui poggiano i pastori, con il Crocifisso, l’Addolorata, il teschio e una serie di anime a mezzo busto di cartapesta o terracotta policroma. Scendendo nell’ipogeo, il suggestivo allestimento ideato da Nicola Ciancio e il video realizzato da Gualtiero Peirce raccontano «il grande affollamento del Purgatorio». Preti, soldati, vecchi, giovani e fanciulle testimoni di quel potente legame tra vivi e morti basato su patto che è scambio reciproco: favori per i vivi e preghiere per i morti per aiutarli a oltrepassare il Purgatorio. Un patto che ancora oggi molti fedeli serbano con Lucia, il teschio con il velo da sposa, attraverso le miriadi di doni e bigliettini (anche in lingue straniere) lasciati sulla sua panchetta o, più velocemente, regalando una carezza di passaggio a uno dei teschi in bronzo che ornano la facciata della chiesa.