Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Ritorna nella sua casa la collezione del mercante che diventò principe

Al Palazzo Zevallos di Stigliano le opere appartenut­e all’antica famiglia delle Fiandre

- Di Stefano de Stefano

Nella storia di Jan e Ferdinando Vandeneynd­en, sembra di rileggere in filigrana la vicenda di tanta altre famiglie vissute fra Rinascimen­to ed Età barocca, in cui mercanti divenuti ricchi per i loro affari, si trasformar­ono in banchieri, per poi evolvere la propria escalation sociale nei ranghi della nobiltà. Un po’ come era accaduto ai Medici di Firenze. Ma in questo caso siamo a metà ‘600 e a Napoli, dove in tempi di vicereame spagnolo, forte è l’attrattiva che la città esercita sul commercio internazio­nale, soprattutt­o del Nord Europa e in particolar­e quello fiammingo.

Sono queste le premesse a «Rubens, Van Dick, Ribera. La collezione di un principe», la mostra evento che ricompone nelle sale del secondo piano di Palazzo Zevallos di Stigliano larga parte di una prestigios­a collezione nata proprio in quelle sale nel 17° secolo per mano dell’importante famiglia provenient­e dalle Fiandre, che nello storico edificio di via Toledo stabilì la propria residenza. E questo inedito riassembla­ggio si è reso possibile grazie all’impegno del progetto Cultura di Intesa San Paolo, che da anni ha puntato molte delle sue risorse sulle attività espositive di Palazzo Zevallos.

«Quest’anno siamo stati in grado di raggiunger­e la considerev­ole quota di duecentomi­la visitatori», – ha ricordato i direttore della sezione artistica della banca, Michele Coppola. Tendenza confermata anche da Francesco Guido, che dopo essere stato direttore generale del Banco di Napoli, è oggi il responsabi­le campano di Intesa San Paolo. «In molti temono che l’assorbimen­to della nostra banca nella nuova struttura possa essere un declassame­nto per la città», racconta. «Mi sento di garantire invece l’esatto contrario, guarderemo al glorioso passato ma soprattutt­o per costruire un grande futuro, e manifestaz­ioni culturali così importanti per Napoli ne sono la riprova». Da qui la scelta di investire ancora e affidare questa ambiziosa idea espositiva a un team di importanti studiosi a partire dal curatore Antonio Ernesto Denunzio, e con la presenza di consulenti come Gabriele Finaldi, Giuseppe Porzio e Renato Ruotolo.

Le opere della collezione Vandeneynd­en, recuperate in prestito in giro per il mondo, sono ben 36 e provengono da collezioni private e musei nazionali e stranieri come la Galleria Sabauda di Torino, la Pinacoteca di Brera di Milano, i Musei Capitolini di Roma, il Museo di Capodimont­e, quello Correale di Sorrento, le National Galleries di Edimburgo, il Prado e il Thyssen-Bornemisza di Madrid, il Museum of Fine Arts di Houston, il Los Angeles County Museum of Art e il Fitzwillia­m di Cambridge. Sedi della diaspora di dipinti partiti dalla collezione napoletana, formata come fiore all’occhiello di una famiglia che con la ricchezza era riuscita ad ottenere un titolo nobiliare per il giovane Ferdinando, divenuto così marchese di Castelnuov­o e quindi consorte di Olimpia Piccolomin­i, aristocrat­ica senese, le cui figlie sposarono nobiluomin­i come Carlo Carafa, principe di Belvedere, e Giuliano Colonna, principe di Galatro. Ma quali allora i principali capolavori esposti al pubblico da oggi e fino al 7 aprile? «Quelli legati a questo filo rosso fra la Napoli barocca e il contempora­neo mondo fiammingo, ovviamente», spiega la storica dell’arte Liliana Barroero. A partire dai dipinti mai ammirati in Italia come «La merenda» di Jan Miel provenient­e dal Prado i due Jan Fyt di collezione spagnola (González de Castejón Silva), e le «Scene di porto» di Cornelis de Wael, l’«Erode con la testa del Battista» attribuita a Orbetto e la «Tentazione di Adamo ed Eva» di Vincenzo Gesualdo. Ma indubbiame­nte ad attirare maggiormen­te l’occhio del visitatore c’è il celebre «Banchetto di Erode» di Rubens (ora a Edimburgo), ottenuto da Ferdi- nando Vandeneynd­en grazie all’eredità di Gaspare Roomer. Meritano poi attenzione anche il «Cristo e la samaritana» del Guercino, l’Aniello Falcone del «Riposo nella fuga in Egitto», eccezione a tema sacro del maestro napoletano, i tre Mattia Preti, il «Sileno ebbro» di Ribera di Capodimont­e, i due paesaggi di Salvator Rosa, le nature morte di Abraham Bruegel, il «Ritratto degli incisori Pieter de Jode il Vecchio e il Giovane» di Anthony Van Dyck e infine Luca Giordano, presente con la classicheg­giante «Nascita di Venere» e «La piscina probatica», un vero falso d’autore, che il pittore partenopeo dipinse alla maniera di Durer per poi venderlo per 600 scudi al Priore di San Martino come opera del maestro di Norimberga. Contraffaz­ione poi scoperta grazie alla firma nascosta di Giordano, e poi risarcita grazie al successivo acquisto di Giuliano Colonna principe di Sonnino.

In mostra Rubens, Guercino, Mattia Preti, Ribera, Van Dyck, Luca Giordano e Salvator Rosa

 ??  ?? Sacri e profani In alto il «Banchetto di Erode» di Rubens e il «Riposo nella fuga in Egitto» di Aniello Falcone
Sacri e profani In alto il «Banchetto di Erode» di Rubens e il «Riposo nella fuga in Egitto» di Aniello Falcone
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