Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Caravaggio svelato, luoghi e misteri di una vita intensa e maledetta
«Michelangelo da Caravaggio cominciò in Milano ad attendere alla pittura. Ma havendo ucciso un suo amico, se ne andò a Roma…». Si apre così, con una citazione del pittore Gaspare Celio datata 1614, che svela subito al lettore la temperatura del personaggio calandolo nell’atmosfera del suo tempo, il libro Luoghi e misteri di Caravaggio di Paolo Jorio e Rossella Vodret, edito da Cairo.
Un volume di agile lettura che riesce a coniugare in perfetto equilibro verve narrativa e precisione storica. Come, ai piedi dello straordinario dipinto napoletano del Merisi, «Le sette opere di Misericordia», hanno illustrato nel corso della presentazione al pubblico gli autori guidati dal giornalista Pietro Treccagnoli. Il primo, programmista regista nonché direttore del Museo del Tesoro di San Gennaro e del Museo Filangieri, la seconda storica specializzata in arte barocca, ex sovrintendente al Polo museale romano e curatrice fra le altre anche della grande mostra milanese del 2017 su Caravaggio. Del quale, maestro del contrasto estremo fra ombre e luce, si è scritto e detto molto, sin da quando Roberto Longhi ne rivalutò il ruolo e la qualità a metà del ‘900. Ed allora quale chiave regalare a questa pubblicazione, che si pone da subito con l’ambizione di coniugare divulgazione e scientificità? Innanzitutto il taglio itinerante, quello di partire cioè dai luoghi toccati nella vita breve, intensissima e maledetta del maestro lombardo, dalla natìa Milano a Roma, da Napoli alla Sicilia, da Malta e di nuovo a Napoli. Perennemente in fuga prima di trovare la morte in viaggio verso Roma nello spostamento dalla spiaggia di Palo laziale a quella di Porto Ercole. Luoghi descritti nella loro fisicità ma anche attraverso gli avvenimenti e l’ambiente che ne caratterizzò la vita a cavallo tra fine ‘500 e inizio ‘600. Ma poi, e qui c’è forse l’aspetto più intrigante del libro, esaminando i tanti misteri che da sempre hanno accompagnato la vita e l’esperienza artistica del Merisi. «A partire – spiega Rossella Vodret – proprio dalla sua morte, avvenuta nel tentativo di reimbarcarsi sulla feluca napoletana che lo aveva portato sulla costa laziale, cercata però a nord di Roma e non nella direzione verso sud, dove presumibilmente l’imbarcazione avrebbe ripreso la rotta».
E ancora perché desiderare ad ogni costo il ritorno nella città papalina, dove era ricercato per l’omicidio di Ranuccio Tomassoni? Forse per l’amore che lo legava a Lena Antognetti, modella che regalò il suo volto anche alla vergine delle «Sette opere»? Dove sembrano esserci più certezze è invece nella ricerca fatta sulla natura della pittura caravaggesca. «Il cambiamento cruciale nella sua tecnica – spiega ancora la studiosa - avviene nel 1600 quando fu chiamato a dipingere la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi: primo incarico pubblico e su tele di grandi dimensioni, da realizzarsi in un solo anno a causa dell’incombente giubileo del 1600, con il compenso all’epoca straordinario di 400 scudi. In queste tele la preparazione è scura, sulla quale aggiunge soltanto i chiari e i mezzi toni, dipingendo solo le parti in luce, e non quindi le figure intere, un sistema quindi rapido ed efficacissimo». Altro tema affascinante è quello dei suoi pentimenti pittorici, fra cui quello che potrebbe finalmente svelare il mistero tutto napoletano – come ricordato da Jorio - del suo primo quadro dipinto in terra di Partenope, ovvero la «Madonna col Bambino e Santi», commissionato dal nobile croato Radolovich e destinato a Polignano, per cui ricevette l’acconto presso un banco in un edificio di proprietà dell’Ospedale degli Incurabili. Una pala d’altare di grandi dimensioni, di cui però non c’è più traccia. Smarrita? O piuttosto non finita e riutilizzata per un altro soggetto? Forse la «Madonna del Rosario», oggi a Vienna, o proprio le «Sette Opere di Misericordia», che radiografate dimostrano le tracce di un precedente dipinto?