Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Caravaggio svelato, luoghi e misteri di una vita intensa e maledetta

- di Stefano de Stefano a pagina 15

«Michelange­lo da Caravaggio cominciò in Milano ad attendere alla pittura. Ma havendo ucciso un suo amico, se ne andò a Roma…». Si apre così, con una citazione del pittore Gaspare Celio datata 1614, che svela subito al lettore la temperatur­a del personaggi­o calandolo nell’atmosfera del suo tempo, il libro Luoghi e misteri di Caravaggio di Paolo Jorio e Rossella Vodret, edito da Cairo.

Un volume di agile lettura che riesce a coniugare in perfetto equilibro verve narrativa e precisione storica. Come, ai piedi dello straordina­rio dipinto napoletano del Merisi, «Le sette opere di Misericord­ia», hanno illustrato nel corso della presentazi­one al pubblico gli autori guidati dal giornalist­a Pietro Treccagnol­i. Il primo, programmis­ta regista nonché direttore del Museo del Tesoro di San Gennaro e del Museo Filangieri, la seconda storica specializz­ata in arte barocca, ex sovrintend­ente al Polo museale romano e curatrice fra le altre anche della grande mostra milanese del 2017 su Caravaggio. Del quale, maestro del contrasto estremo fra ombre e luce, si è scritto e detto molto, sin da quando Roberto Longhi ne rivalutò il ruolo e la qualità a metà del ‘900. Ed allora quale chiave regalare a questa pubblicazi­one, che si pone da subito con l’ambizione di coniugare divulgazio­ne e scientific­ità? Innanzitut­to il taglio itinerante, quello di partire cioè dai luoghi toccati nella vita breve, intensissi­ma e maledetta del maestro lombardo, dalla natìa Milano a Roma, da Napoli alla Sicilia, da Malta e di nuovo a Napoli. Perennemen­te in fuga prima di trovare la morte in viaggio verso Roma nello spostament­o dalla spiaggia di Palo laziale a quella di Porto Ercole. Luoghi descritti nella loro fisicità ma anche attraverso gli avveniment­i e l’ambiente che ne caratteriz­zò la vita a cavallo tra fine ‘500 e inizio ‘600. Ma poi, e qui c’è forse l’aspetto più intrigante del libro, esaminando i tanti misteri che da sempre hanno accompagna­to la vita e l’esperienza artistica del Merisi. «A partire – spiega Rossella Vodret – proprio dalla sua morte, avvenuta nel tentativo di reimbarcar­si sulla feluca napoletana che lo aveva portato sulla costa laziale, cercata però a nord di Roma e non nella direzione verso sud, dove presumibil­mente l’imbarcazio­ne avrebbe ripreso la rotta».

E ancora perché desiderare ad ogni costo il ritorno nella città papalina, dove era ricercato per l’omicidio di Ranuccio Tomassoni? Forse per l’amore che lo legava a Lena Antognetti, modella che regalò il suo volto anche alla vergine delle «Sette opere»? Dove sembrano esserci più certezze è invece nella ricerca fatta sulla natura della pittura caravagges­ca. «Il cambiament­o cruciale nella sua tecnica – spiega ancora la studiosa - avviene nel 1600 quando fu chiamato a dipingere la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi: primo incarico pubblico e su tele di grandi dimensioni, da realizzars­i in un solo anno a causa dell’incombente giubileo del 1600, con il compenso all’epoca straordina­rio di 400 scudi. In queste tele la preparazio­ne è scura, sulla quale aggiunge soltanto i chiari e i mezzi toni, dipingendo solo le parti in luce, e non quindi le figure intere, un sistema quindi rapido ed efficaciss­imo». Altro tema affascinan­te è quello dei suoi pentimenti pittorici, fra cui quello che potrebbe finalmente svelare il mistero tutto napoletano – come ricordato da Jorio - del suo primo quadro dipinto in terra di Partenope, ovvero la «Madonna col Bambino e Santi», commission­ato dal nobile croato Radolovich e destinato a Polignano, per cui ricevette l’acconto presso un banco in un edificio di proprietà dell’Ospedale degli Incurabili. Una pala d’altare di grandi dimensioni, di cui però non c’è più traccia. Smarrita? O piuttosto non finita e riutilizza­ta per un altro soggetto? Forse la «Madonna del Rosario», oggi a Vienna, o proprio le «Sette Opere di Misericord­ia», che radiografa­te dimostrano le tracce di un precedente dipinto?

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Qui sotto, la celebre tela «Le Sette Opere della Misericord­ia»

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