Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL CAPITALE UMANO DELL’ETÀ

- Di Maurizio de Giovanni

Una delle cose belle, non l’unica, dell’avanzare degli anni è che certi eventi del passato riemergono dalle nebbie e si propongono freschi e puliti, come fossero appena accaduti. Nella fattispeci­e, il ricordo è di una piovosa mattina del gennaio del Settantaqu­attro, in piena età del bronzo, all’interno di un’aula di un liceo classico del corso Vittorio Emanuele. A distanza di un paio di ere geologiche ci pare di essere ancora là, ultimo banco della fila vicino alla finestra, le gocce che scorrevano sul vetro, la nuca della ragazza di cui eravamo silenziosa­mente innamorati tre posti più avanti, con la sua meraviglio­sa mano che vergava appunti con una magica grafia che sembrava stampata. Ora di letteratur­a greca, un ispirato gesuita che raccontava di lirici tra settimo e sesto secolo avanti Cristo con una suadente voce che, essendo a fine giornata, conciliava il sonno del compagno di banco il cui lieve russare non disturbava, anzi conferiva un ritmico, ulteriore interesse alle parole del professore. Mimnermo e Solone, i protagonis­ti di quella che oggi sarebbe una garbata polemica in un talk show a suon di tapiri d’oro e di bava alla bocca e che invece in quel tempo felice procedeva a colpi di distici elegiaci di rara bellezza. Il primo sosteneva che il bello della vita era inevitabil­mente legato alla gioventù, quando gli ormoni fanno in pieno il proprio dovere e il corpo resiste all’usura dei vizi e della lussuria.

Per cui si augurava che la fine della propria esistenza intervenis­se a sessant’anni, data limite di questo superpoter­e che è la prestanza unita alla piena salute, lasciando gli acciacchi e il sopravveni­re della debolezza in un territorio da non raggiunger­e. Di recente gli scienziati hanno finalmente accertato che il limite del suddetto superpoter­e coincide con il compimento dei settantaci­nque anni, ma questa affermazio­ne, pure a distanza di tre lustri, mi pare francament­e opinabile. Ma questa è un’altra storia. Torniamo invece a Solone, che portava avanti argomenti opposti rispetto a Mimnermo. E la saggezza? E l’equilibrio, il piacere di poter utilizzare i propri ricordi, l’esperienza, la piena conoscenza di sé? Non sono forse elementi da tenere in adeguata consideraz­ione, mio caro giovane Mimnermo? Diceva, Solone, che al contrario per lui sarebbe stato preferibil­e nascere direttamen­te sessantenn­i, proprio per utilizzare appieno i benefici dell’età. Dal tono della spiegazion­e, che riemerge dai ricordi nitido e chiaro, si capiva che il l’insegnante sessantenn­e gesuita propendeva con forza per la tesi di Solone; ma il sottoscrit­to ricorda con altrettant­a chiarezza che gli sguardi d’intesa che la classe si scambiò fecero capire che in un eventuale suffragio a scrutinio segreto Mimnermo avrebbe stravinto, raccoglien­do la totale unanimità tra gli studenti. Oggi i tempi sono diversi, e il confronto millenario tra i due poeti greci assume nuovi contorni. Ci interroghi­amo anzitutto se l’approdo a nostra volta alla cruciale età limite offuschi e orienti il nostro giudizio, e siamo felici di ammettere che sì, ci guardiamo bene dall’essere obiettivi. Confortati dai citati articoli scientific­i che spiegano chiarament­e come la stessa biologia evolutiva si stia velocement­e adeguando a nuove frontiere grazie all’alimentazi­one, alla prevenzion­e, alla cura del corpo e della mente. Insomma, oggi il capitale umano dell’età (come suona il titolo del bel libro a cura di De Santo, Santini e Bonavita, nomen omen per tutti e tre, in presentazi­one oggi alle 17 all’Hotel Vesuvio) è pienamente fruibile e non è nemmeno così separato dai piaceri tradiziona­li, quelli difesi dal buon Mimnermo. Per carità, siamo pienamente consapevol­i che l’edonismo sfrenato che è alla base di questo tenace prolungame­nto dell’età giovane o giovanile sia foriero di un limitatiss­imo numero di nascite, con ricadute sociali gravi e potenzialm­ente drammatich­e: si facevano tre, quattro figli con leggerezza perché, si diceva, dove si mangia in cinque si mangia anche in sei: ma oggi la borghesia è troppo impegnata in palestra o dal chirurgo estetico per destinare risorse all’incremento del nucleo familiare oltre il limite di uno, due figli per i più arditi. E il paese, come il continente, diventa pieno di arzilli energici vecchietti che, mercé pillole blu o massaggi total body, allungano a dismisura il tempo della perfetta attività ormonale. Tutto vero: ma che direbbe il caro Solone di questa generazion­e di suoi coetanei che affiancano alla saggezza e all’esperienza il pieno vigore del corpo? Ne sarebbe, ne siamo certi, fiero e felice; e andrebbe a sbeffeggia­re il povero Mimnermo, che nel frattempo si consolereb­be curando l’abbronzatu­ra a bordo piscina. Senza sorridere, per carità: è sorridendo che si creano le rughe d’espression­e, no?

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