Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Pil, il crollo della Campania
Censis, meno 7,9 per cento rispetto al 2008. Si amplia il divario con il Nord
Rapporto Censis impietoso con la Campania che vede aumentare il divario con il Nord. Rispetto al periodo precrisi, 2008, ha fatto registrare un meno 7,9 per cento nel Pil. Continua la fuga da Napoli: 5,9 per mille abitanti.
NAPOLi Alla fine del 2017 l’Italia era ancora quattro punti sotto il valore del Pil del 2008, prima della grande recessione economica. Ci sono regioni, però, in pieno recupero, come Lombardia ed Emilia Romagna, mentre il Sud arretra. E la Campania ha fatto registrare un -7,9 per cento. In questo contesto la città metropolitana di Napoli sono stati riscontrati tassi migratori fortemente negativi con -5,9 per mille abitanti. In pratica Napoli avrebbe perso altri 50-60 mila cittadini. Il quadro emerge dal 52esimo rapporto Censis sulla situazione sociale italiana che è stato diffuso ieri a Roma. L’analisi conferma che la Campania cresce ma molto più lentamente rispetto alle altre regioni italiane. Un dato che era stato già evidenziato dai rapporti di Svimez e Bankitalia.
Come ricorderete tra il 1995 e il 2002 la Campania fece registrare una robusta risalita. Il Pil pro capite crebbe rapidamente tra il 1995 e il 2002 (+17%), seguì un periodo di relativa stasi fino al 2007 (+2%) e un veloce declino negli ultimi 4 anni (-9%). Poi in Campania il Pil pro capite rispetto al 2007 è arretrato di 17,63 punti percentuali, facendo segnare il dato peggiore di tutto il paese. Una diminuzione della ricchezza prodotta che è tre volte quella fatta segnare in Valle d’Aosta (-4,98%) e in Trentino Alto Adige (-5,09%).
Scrive il Censis: «A fine 2017 il Paese era ancora 4 punti sotto il valore del Pil del 2008, ma con regioni in pieno recupero (-1,3% la Lombardia e -1,5% l’Emilia Romagna) e altre in forte arretramento: -5,0% il Lazio, -6,2% il Piemonte, -7,9% la Campania, -10,3% la Sicilia, -10,7% la Liguria». Secondo il rapporto, in modo particolare, «la ripresa italiana degli ultimi anni, se analizzata in termini territoriali, rimanda a un quadro tutt’altro che omogeneo. Nonostante la recente ripartenza, sono ancora lontane dai valori pre-crisi regioni importanti per l’economia nazionale come il Lazio (5 punti indietro), il Piemonte (6,2 punti sotto), la Campania (-7,9), Liguria e Sicilia (addirittura oltre 10 punti sotto). In sofferenza, poi, sono ancora le regioni del Centro-Italia duramente colpite dalla crisi e poi penalizzate dal sisma del 2016: -7 punti per le Marche, addirittura -12 punti per l’Umbria».
Interessanti i dati che riguardano l’occupazione. Scrive ancora il Censis: «Con riferimento all’occupazione, soffermandosi sull’andamento dell’indicatore nel corso del tempo, si nota come, tra le grandi regioni, l’Emilia Romagna conserva il primato, ma il suo tasso di occupazione è sceso di ben 1,6 punti. Di contro, Lombardia, Lazio e Toscana già nel 2017 hanno superato i livelli pre-crisi, il Piemonte è tornato sostanzialmente ai valori del 2008, Veneto e Campania sono poco sotto (-0,4)».
E in questo scenario la popolazione è in crescita, seppur in misura modesta, solo al Nord. Conclude il Censis: «Nel periodo 2015-2017 si hanno valori a due cifre per le città metropolitane di Bologna (18,9 per 1.000), Milano (15,3) e Firenze (13,2). Meno forte è il tasso migratorio dell’area romana (7,8), mentre Torino registra un valore modesto (1,7). Di contro, il Mezzogiorno e le sue aree urbane si segnalano per tassi migratori fortemente negativi: -3,6 per 1.000 per la città metropolitana di Bari, -5,9 per quella di Napoli, -6,6 per quella di Reggio Calabria e addirittura -9,2 per quella di Palermo».
Il gap
La regione è ancora 7,9 punti sotto rispetto a dieci anni fa
La fuga Nell’area cittadina è stato registrato un -5,9 per mille di persone