Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Mimmo Jodice Al Madre «Attesa» finita nell’abbraccio di Napoli
Presentata ieri al museo di via Settembrini la monografia dedicata al fotografo
Più di cinquecento persone, un lunghissimo applauso nel museo Madre traboccante affetto e ammirazione per Mimmo Jodice, visibilmente commosso e felice dell’abbraccio della sua Napoli. Accadeva ieri sera in occasione della presentazione di «Attesa», la monografia edita da Electa e prodotta dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, che raccoglie tra gli altri saggi di Salvatore Settis, Nicola Spinosa, Ester Coen ed è stata curata dal direttore del Madre Andrea Viliani insieme ad Anna Cuomo. Ne hanno parlato ieri i curatori, con l’artista e con la presidente della Fondazione Donnaregina Laura Valente. Ed è stata lei a introdurre i lavori della serata rimarcando che quella di ieri non era «solo la presentazione di un libro, ma quasi una festa per presentare la prima monografia retrospettiva su questo grande artista che ha scelto di non andare via da Napoli e che oggi è un simbolo. L’eterna giovinezza del suo pensiero mostra che Jodice è rimasto un ragazzo, che continua ancora oggi la sua ricerca e dice spesso: il mio ultimo scatto sarà il mio ultimo sguardo». Andrea Viliani dal canto suo osserva: «Il titolo del volume significa che c’è qualcosa che abbiamo davvero atteso, ovvero una serata come questa. Ma la storia di Jodice è la storia stessa di un’attesa, quella della battaglia compiuta dalla fotografia per essere riconosciuta non solo come documentazione ma come forma d’arte. Oggi scattiamo fin troppo, le immagini non parlano più e non pensano più perché non sono foto come quelle di Jodice, un maestro assoluto della storia dell’arte. Se Canova o Michelangelo fossero qui chiederebbero a Mimmo Jodice di fotografare le loro opere, perché sarebbe come vederle scolpite di nuovo».
Il progetto della monografia presentata ieri nasce da «Attesa 1960-2016», mostra antologica dedicata al fotografo napoletano, ospitata al Madre nel 2016. Una esposizione che ripercorreva la carriera del maestro e in cui prevaleva l’attenzione all’elemento astratto, metafisico dell’arte di Jodice. Mentre gli scatti più «sociali» venivano proiettati in una sequenza sul grande schermo.
«In tutto il mio lavoro, a partire dalla fine degli anni settanta, la linea dell’orizzonte è fondamentale, dal punto di vista della struttura dell’immagine, ma anche simbolico e narrativo. La storia stessa dell’uomo è anche quella del suo orizzonte. Pensiamo ai naviganti, partivano con le barche senza sapere dove approdare, e avevano di fronte per giorni solo l’orizzonte, il cielo e il mare. L’orizzonte è il viaggio, andare oltre, guardare avanti. Si tratta di un elemento essenziale nell’esistenza dell’uomo». Mimmo Jodice si racconta così, illustrando la sua poetica, ad Hans Ulrich Obrist in una conversazione contenuta nel volume. «Negli anni settanta», prosegue Jodice, «speravamo che le nostre azioni potessero cambiare la situazione negativa, o compromessa, o semplicemente non analizzata e non raccontata, della realtà di cui eravamo testimoni diretti e partecipi. Eravamo convinti che questo impegno avrebbe prodotto un cambiamento. Invece ci accorgemmo, giorno dopo giorno, che tutto questo non era possibile. E non successe. A quel punto arriva per me una svolta, etica quanto estetica: il mondo non cambierà, mai nessuno lo cambierà. Allora decido di mostrare la città di Napoli senza vita, senza persone. Il libro “Vedute di Napoli” del 1980, è la fine della vita. Ma anche l’inizio di un percorso di ricerca che è ancora per me in corso, di esplorazione di zone fantasmatiche o metafisiche, della realtà. Zone di silenzio, di attesa, di riflessione, di resilienza, di incantamento e, forse, di redenzione».
E il valore epifanico delle immagini di Jodice è stato sottolineato da Viliani, con un toccante riferimento alla famiglia dell’artista: «Sono sempre stati come cinque dita della mano: Mimmo e la moglie Angela, con i tre figli Barbara, Francesco e Sebastiano, di recente scomparso. Se le foto di Mimmo ci parlano del passato e sono un’epifania continua di vita, queste cinque dita sono ancora tutte insieme. E giustamente il libro è dedicato a Sebastiano».
Successo di pubblico
Più di cinquecento persone e un lunghissimo applauso nel museo traboccante affetto e ammirazione per l’artista visibilmente commosso e felice
In tutto il mio lavoro la linea dell’orizzonte è fondamentale
Una festa per la prima monografia su questo grande artista e «ragazzo»
C’è qualcosa che abbiamo davvero atteso, una serata come questa