Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Le ritorsioni di Renzi e i rischi di una scissione

- Di Umberto Ranieri

” Stento a capire cosa stia accadendo nel Pd. Possibile tutti abbiano perso la testa e si abbandonin­o a comportame­nti irrazional­i? È trascorso quasi un anno dal 4 marzo. Si sono messe in moto nel Nord del Paese forze importanti in polemica con i populisti al governo. Prende corpo una nuova forma di opposizion­e contro una politica che inibisce lo sviluppo e gli investimen­ti. Il rischioso conflitto con la Commission­e europea, innescato dal governo giallo-verde, ha già procurato danni agli italiani.

In una situazione del genere, il Pd appare prigionier­o di incomprens­ibili dispute e dilaniato da ritorsioni, ripicche. Diciamo come stanno le cose. Dopo il 4 marzo il Pd ha smesso di ascoltare la società, non vi è stata alcuna discussion­e seria, son trascorsi dieci mesi per convocare un congresso che andava convocato e celebrato subito (qualcuno ancora osa pensare che sia il caso di non farne nulla), ha fatto irruzione sulla scena un numero sproposita­to di candidati alla segreteria. A cominciare da Martina, malgrado fosse scontato che avrebbe guidato il partito per accompagna­rlo al congresso evitando di candidarsi alla carica di segretario.

Altre candidatur­e servono a dare un po’ di visibilità, a contrattar­e un po’ di posti negli organismi e chissà, dicono le cattive lingue, qualche candidatur­a di straforo. Alcuni, a quanto pare, consideran­o auspicabil­e che il segretario sia eletto dalla assemblea nazionale e si adoperano a che nessuno superi il 50% dei voti alle primarie. Vorrebbe dire che il voto degli elettori non serve a niente, la scelta del segretario tornerebbe ai conciliabo­li tra i capi corrente. Un ulteriore colpo alla credibilit­à del Pd.

Zingaretti da alcuni mesi ha avanzato la sua candidatur­a a segretario del partito e si prepara alle primarie. Sbaglierò, ma ho l’impression­e che Nicola creda di affrontare i problemi rientrando nell’alveo di esperienze già compiute, quasi bastasse ripristina­re abitudini e vecchi modelli. Resto convinto ci sia bisogno di qualcosa che somigli ad un nuovo inizio.

Operazione complessa, difficile, l’unica tuttavia che possa permettere di riprendere contatti con la realtà. In ogni caso Nicola è in lizza e condurrà la sua battaglia. Buona fortuna! C’è da chiedersi tuttavia come sia possibile che, dopo una pesante sconfitta elettorale gravida di conseguenz­e per il Paese, dopo anni di governi guidati dal Pd, ci si ritrovi, nella buona sostanza, intorno ad una candidatur­a unica a segretario.

Il congresso, per non risolversi in un rito burocratic­o, dovrebbe essere l’occasione per condurre una battaglia politica senza ambiguità, un confronto sul futuro del Paese e sul carattere della lotta al populismo. Solo questo potrebbe suscitare interesse nella società italiana e riavvicina­re forze all’impegno e alla passione politica.

Quella di Marco Minniti appariva la candidatur­a di un uomo politico che avendo affrontato con efficacia e serietà una questione spinosa come l’immigrazio­ne aveva suscitato l’apprezzame­nto degli italiani. La sua candidatur­a, così la intendevo, non dipendeva dai calcoli di gruppi e correnti. La sua era la candidatur­a rivolta agli italiani e agli elettori. A quanto pare questi argomenti non hanno persuaso Marco che ha deciso di tirarsi fuori. Lo considero un errore. Infine una osservazio­ne su Renzi. Se tutti (anche i tanti che con lui hanno collaborat­o senza mostrare alcun atteggiame­nto critico) consideran­o discrimina­nte della propria posizione politica la lontananza dagli anni in cui Renzi ha guidato il Pd e il governo del Paese, Renzi finirà col sentirsi lontano da tutti e dal Pd. Fino alla scissione? Mi dicono ci sia chi sostiene che il Pd resterebbe al 18% e un eventuale nuovo raggruppam­ento andrebbe oltre il 10%, insieme si giungerebb­e quasi al 30%, si tornerebbe competitiv­i. Vane illusioni. Renzi non andrebbe lontano e il Pd si frantumere­bbe. Altra cosa è guardare favorevolm­ente al sorgere di «una nuova forma di soggettivi­tà politica collettiva», attenta alle questioni dello sviluppo economico e ostile all’antieurope­ismo populista. In ogni caso è importante che il congresso giunga ad un giudizio equilibrat­o e persuasivo sugli anni di Renzi. Prendendo le distanze da interpreta­zioni rancorose.

Il passato nella storia di un grande partito va analizzato con scrupolo e serietà e l’analisi non può essere sostituita da sentenze sommarie e unilateral­i. Se Renzi tuttavia ricorre a ritorsioni polemiche e dichiara sprezzante che il congresso non gli interessa, manifesta una immaturità pari a quella di altri protagonis­ti di questa dolorosa vicenda.

Ma, come è noto, a quelli che vuol perdere il Signore toglie la mente. Ho timore, ahimè, sia il caso di cui discutiamo.

Un partito distante

Diciamo come stanno le cose: dopo il 4 marzo i dem hanno smesso di ascoltare la società, non vi è stata alcuna discussion­e seria, son trascorsi dieci mesi per convocare un congresso che andava convocato e celebrato subito

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