Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Le ritorsioni di Renzi e i rischi di una scissione
” Stento a capire cosa stia accadendo nel Pd. Possibile tutti abbiano perso la testa e si abbandonino a comportamenti irrazionali? È trascorso quasi un anno dal 4 marzo. Si sono messe in moto nel Nord del Paese forze importanti in polemica con i populisti al governo. Prende corpo una nuova forma di opposizione contro una politica che inibisce lo sviluppo e gli investimenti. Il rischioso conflitto con la Commissione europea, innescato dal governo giallo-verde, ha già procurato danni agli italiani.
In una situazione del genere, il Pd appare prigioniero di incomprensibili dispute e dilaniato da ritorsioni, ripicche. Diciamo come stanno le cose. Dopo il 4 marzo il Pd ha smesso di ascoltare la società, non vi è stata alcuna discussione seria, son trascorsi dieci mesi per convocare un congresso che andava convocato e celebrato subito (qualcuno ancora osa pensare che sia il caso di non farne nulla), ha fatto irruzione sulla scena un numero spropositato di candidati alla segreteria. A cominciare da Martina, malgrado fosse scontato che avrebbe guidato il partito per accompagnarlo al congresso evitando di candidarsi alla carica di segretario.
Altre candidature servono a dare un po’ di visibilità, a contrattare un po’ di posti negli organismi e chissà, dicono le cattive lingue, qualche candidatura di straforo. Alcuni, a quanto pare, considerano auspicabile che il segretario sia eletto dalla assemblea nazionale e si adoperano a che nessuno superi il 50% dei voti alle primarie. Vorrebbe dire che il voto degli elettori non serve a niente, la scelta del segretario tornerebbe ai conciliaboli tra i capi corrente. Un ulteriore colpo alla credibilità del Pd.
Zingaretti da alcuni mesi ha avanzato la sua candidatura a segretario del partito e si prepara alle primarie. Sbaglierò, ma ho l’impressione che Nicola creda di affrontare i problemi rientrando nell’alveo di esperienze già compiute, quasi bastasse ripristinare abitudini e vecchi modelli. Resto convinto ci sia bisogno di qualcosa che somigli ad un nuovo inizio.
Operazione complessa, difficile, l’unica tuttavia che possa permettere di riprendere contatti con la realtà. In ogni caso Nicola è in lizza e condurrà la sua battaglia. Buona fortuna! C’è da chiedersi tuttavia come sia possibile che, dopo una pesante sconfitta elettorale gravida di conseguenze per il Paese, dopo anni di governi guidati dal Pd, ci si ritrovi, nella buona sostanza, intorno ad una candidatura unica a segretario.
Il congresso, per non risolversi in un rito burocratico, dovrebbe essere l’occasione per condurre una battaglia politica senza ambiguità, un confronto sul futuro del Paese e sul carattere della lotta al populismo. Solo questo potrebbe suscitare interesse nella società italiana e riavvicinare forze all’impegno e alla passione politica.
Quella di Marco Minniti appariva la candidatura di un uomo politico che avendo affrontato con efficacia e serietà una questione spinosa come l’immigrazione aveva suscitato l’apprezzamento degli italiani. La sua candidatura, così la intendevo, non dipendeva dai calcoli di gruppi e correnti. La sua era la candidatura rivolta agli italiani e agli elettori. A quanto pare questi argomenti non hanno persuaso Marco che ha deciso di tirarsi fuori. Lo considero un errore. Infine una osservazione su Renzi. Se tutti (anche i tanti che con lui hanno collaborato senza mostrare alcun atteggiamento critico) considerano discriminante della propria posizione politica la lontananza dagli anni in cui Renzi ha guidato il Pd e il governo del Paese, Renzi finirà col sentirsi lontano da tutti e dal Pd. Fino alla scissione? Mi dicono ci sia chi sostiene che il Pd resterebbe al 18% e un eventuale nuovo raggruppamento andrebbe oltre il 10%, insieme si giungerebbe quasi al 30%, si tornerebbe competitivi. Vane illusioni. Renzi non andrebbe lontano e il Pd si frantumerebbe. Altra cosa è guardare favorevolmente al sorgere di «una nuova forma di soggettività politica collettiva», attenta alle questioni dello sviluppo economico e ostile all’antieuropeismo populista. In ogni caso è importante che il congresso giunga ad un giudizio equilibrato e persuasivo sugli anni di Renzi. Prendendo le distanze da interpretazioni rancorose.
Il passato nella storia di un grande partito va analizzato con scrupolo e serietà e l’analisi non può essere sostituita da sentenze sommarie e unilaterali. Se Renzi tuttavia ricorre a ritorsioni polemiche e dichiara sprezzante che il congresso non gli interessa, manifesta una immaturità pari a quella di altri protagonisti di questa dolorosa vicenda.
Ma, come è noto, a quelli che vuol perdere il Signore toglie la mente. Ho timore, ahimè, sia il caso di cui discutiamo.
”
Un partito distante
Diciamo come stanno le cose: dopo il 4 marzo i dem hanno smesso di ascoltare la società, non vi è stata alcuna discussione seria, son trascorsi dieci mesi per convocare un congresso che andava convocato e celebrato subito